domenica 9 febbraio 2014

Don Chisciotte, la Toscana e il web 2.0.

L’abitudine di acquistare il quotidiano locale regionale del Tirreno la domenica mattina può dare delle simpatiche sorprese. Un paio di queste galleggiano nel nuovo universo creato dalla rete, un ambiente definito web 2.0, ancora sconosciuto. O conosciuto ma non compreso.

Partiamo dallo sconosciuto: l’amico Robi Veltroni si confessa e si prende una pagina della cronaca grossetana per una recensione (non più) anonima su Tripadvisor riguardante un ristorante del centro maremmano.

“Sono io, Robi Veltroni, il recensore anonimo di Tripadvisor che sostiene che i menù di Romolo sono sessisti e farebbe bene a cambiarli. L’ho recensito due volte nell’ultimo anno. Ci sono andato 6/7 volte con almeno 10 ospiti diversi spendendo 700 euro (posso mostrare anche le ricevute). Visto che può permettersi di non avermi come cliente vorrà dire che andrò altrove. Prima però vorrei un ultimo invito a cena e spero proprio che Romolo mi accordi questo piacere…”.



A parte le provocazioni, compresa quella del ristoratore che “vieta l’ingresso agli utenti Tripadvisor”, la questione non è nuova: l’anonimato dei recensori, la paura delle recensioni farlocche o in malafede. Cosa che è molto più sentita nel settore della ristorazione, meno avvezzo ad avere a che fare col web, rispetto all’hotellerie, e tecnicamente con meno strumenti idonei ad individuare i clienti-recensori (i dati degli ospiti di un albergo vengono registrati e gestiti, diversamente da quanto accade in un qualsiasi ristorante, ad esempio).
Tuttavia, ciò non significa che nessuno può considerarsi fuori dalla rete: Internet esiste con tutti i suoi derivati (da Tripadvisor a Facebook, da Twitter ai blog) e fa parte della vita quotidiana, con tutti i suoi difetti e le sue contraddizioni. Combattere questa evoluzione sociale significa mettersi nei panni di Don Chisciotte e lottare contro i mulini a vento.

E poi ribaltiamo la medaglia: quando non c’era internet, le persone in malafede, i pregiudizi, l’ospite inaccontentabile o, peggio, con problemi psichici, esistevano allo stesso modo e parlavano “passando ad altri la propria parola”. Adesso il passaparola è online ed è pubblico, letto da milioni di persone, tra cui anche gli operatori giudicati. E’ questa la differenza sostanziale dal passato, motivo per cui dobbiamo attrezzarci a monitorare e gestire le rete e la nostra reputazione online, in modo da raccoglierne positivamente i frutti. Si può fare,… e mi viene in mente lo chef Costardi alla BTO nel panel “Reput’azione e food” quando diceva che “chiunque entra in un ristorante è un potenziale blogger.”
Per gestire questa rivoluzione serve, però, un adeguamento culturale, non sempre facile da conquistare.

Ma la rivoluzione del web 2.0 non è sempre sconosciuta, anzi c’è chi ne ha fatto una bandiera, coma la Regione Toscana, tra le prime ad investire il proprio budget per la promozione in questo campo. E gli investimenti non sono mai stati di poco conto.
Tra l’altro va anche segnalato lo sforzo del passo verso la promo-commercializzazione con una nuova piattaforma di booking (presentata in Maremma giorni fa).
Aggiungiamo, inoltre, che la Regione ha anche promosso, nel corso degli ultimi anni, seminari, convegni, corsi per aggiornare e formare gli operatori nell’utilizzo degli strumenti messi a disposizione dal web 2.0.
Ed anche se succede, come denunciato della prima parte di questo post, che ci si ritrova ad affrontare contenuti falsi, una delle indicazioni più importanti date da questo nuovo modo di comunicare è che la qualità offerta deve essere il più possibile collimante a quella promessa e a quella percepita dal cliente. E’ lui, il cliente, infatti uno dei nostri “mezzi di comunicazione”, il quale condividerà al mondo le proprie “percezioni”. E più la sua percezione è vicina a quanto comunicato e migliore sarà il commento divulgato, semplicemente perché abbiamo soddisfatto le aspettative dei nostri ospiti. Questo hanno insegnato, giustamente, agli operatori.
E stamani invece il quotidiano, rispetto alla nuova campagna di promozione turistica della Regione Toscana, titola (correttamente) così: Meglio un sogno tarocco che la solita cartolina.


Ci troviamo, quindi, la spiaggia della Feniglia (Argentario) con uno scoglio da dove la gente si tuffa, lo sfondo delle Alpi Apuane con uno sperone di roccia che non esiste, la cupola del Brunelleschi di Firenze con accanto la torre di Pisa. Tutti panorami modificati (bene), ma irreali, così come irreali sono i claim, ispirati da Dante, che in questo contesto appaiono taroccati anche quelli.



Chiaramente l’agenzia che ha curato la pubblicità difende il proprio lavoro, ma la domanda di fondo è: la Toscana ha bisogno di immagini ritoccate e aforismi inventati per comunicare il proprio brand? E soprattutto in un contesto di comunicazione dove si richiede una certa etica, è questa la nuova strada intrapresa in Regione?
C’è qualcosa (parecchio) che non torna.

Se proprio dobbiamo utilizzare l’inventiva invece che la nostra ricchezza naturale e artistica, allora meglio la burla olimpica fatta da un gruppo di aretini: un dispaccio fatto  girare in rete, in cui si raccontava he nove giornalisti canadesi inviati a Sochi in Russia per le Olimpiadi invernali erano arrivati per sbaglio a Soci, nel Casentino. Così Soci ha avuto la propria visibilità, online ed offline, con un falso sì, ma consapevole e ironico, secondo la tradizione del genio goliardico toscano.



P.S.: un grazie all’edizione del Tirreno di domenica 9 febbraio 2014 che ha ispirato il post.


 Commentate pure, meglio però se non siete d’accordo

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