L’abitudine di acquistare il
quotidiano locale regionale del Tirreno la domenica mattina può dare delle simpatiche
sorprese. Un paio di queste galleggiano nel nuovo universo creato dalla rete,
un ambiente definito web 2.0, ancora
sconosciuto. O conosciuto ma non compreso.
Partiamo dallo sconosciuto: l’amico Robi Veltroni si confessa e si prende
una pagina della cronaca grossetana per una recensione (non più) anonima su
Tripadvisor riguardante un ristorante del centro maremmano.
“Sono io,
Robi Veltroni, il recensore anonimo di Tripadvisor che sostiene che i menù di
Romolo sono sessisti e farebbe bene a cambiarli. L’ho recensito due volte nell’ultimo
anno. Ci sono andato 6/7 volte con almeno 10 ospiti diversi spendendo 700 euro
(posso mostrare anche le ricevute). Visto che può permettersi di non avermi
come cliente vorrà dire che andrò altrove. Prima però vorrei un ultimo invito a
cena e spero proprio che Romolo mi accordi questo piacere…”.
A parte le provocazioni, compresa
quella del ristoratore che “vieta l’ingresso agli utenti Tripadvisor”, la
questione non è nuova: l’anonimato dei recensori, la paura delle recensioni farlocche o in malafede.
Cosa che è molto più sentita nel settore della ristorazione, meno avvezzo ad
avere a che fare col web, rispetto all’hotellerie, e tecnicamente con meno
strumenti idonei ad individuare i clienti-recensori (i dati degli ospiti di un
albergo vengono registrati e gestiti, diversamente da quanto accade in un
qualsiasi ristorante, ad esempio).
Tuttavia, ciò non significa che
nessuno può considerarsi fuori dalla rete: Internet
esiste con tutti i suoi derivati (da Tripadvisor a Facebook, da Twitter ai
blog) e fa parte della vita quotidiana, con tutti i suoi difetti e le sue
contraddizioni. Combattere questa evoluzione sociale significa mettersi nei
panni di Don Chisciotte e lottare contro i mulini a vento.
E poi ribaltiamo la medaglia: quando non c’era internet, le persone in
malafede, i pregiudizi, l’ospite inaccontentabile o, peggio, con problemi
psichici, esistevano allo stesso modo e parlavano “passando ad altri la propria
parola”. Adesso il passaparola è online ed è pubblico, letto da milioni di
persone, tra cui anche gli operatori giudicati. E’ questa la differenza
sostanziale dal passato, motivo per cui dobbiamo attrezzarci a monitorare e gestire le rete e la nostra
reputazione online, in modo da raccoglierne positivamente i frutti. Si può fare,…
e mi viene in mente lo chef Costardi alla BTO nel panel “Reput’azione e food”
quando diceva che “chiunque entra in un
ristorante è un potenziale blogger.”
Per gestire questa rivoluzione
serve, però, un adeguamento culturale,
non sempre facile da conquistare.
Ma la rivoluzione del web 2.0 non è
sempre sconosciuta, anzi c’è chi ne ha fatto una bandiera, coma la Regione
Toscana, tra le prime ad investire il proprio budget per la promozione in
questo campo. E gli investimenti non sono mai stati di poco conto.
Tra l’altro va anche segnalato lo
sforzo del passo verso la promo-commercializzazione con una nuova piattaforma
di booking (presentata in Maremma giorni fa).
Aggiungiamo, inoltre, che la Regione
ha anche promosso, nel corso degli ultimi anni, seminari, convegni, corsi per
aggiornare e formare gli operatori nell’utilizzo degli strumenti messi a
disposizione dal web 2.0.
Ed anche se succede, come denunciato
della prima parte di questo post, che ci si ritrova ad affrontare contenuti
falsi, una delle indicazioni più importanti date da questo nuovo modo di
comunicare è che la qualità offerta deve essere il più possibile collimante a
quella promessa e a quella percepita dal cliente. E’ lui, il cliente, infatti
uno dei nostri “mezzi di comunicazione”, il quale condividerà al mondo le proprie
“percezioni”. E più la sua percezione è vicina a quanto comunicato e migliore
sarà il commento divulgato, semplicemente perché abbiamo soddisfatto le aspettative dei nostri ospiti. Questo hanno
insegnato, giustamente, agli operatori.
E stamani invece il quotidiano,
rispetto alla nuova campagna di
promozione turistica della Regione Toscana, titola (correttamente) così: Meglio un sogno tarocco che la solita
cartolina.
Ci troviamo, quindi, la spiaggia
della Feniglia (Argentario) con uno scoglio da dove la gente si tuffa, lo
sfondo delle Alpi Apuane con uno sperone di roccia che non esiste, la cupola
del Brunelleschi di Firenze con accanto la torre di Pisa. Tutti panorami modificati
(bene), ma irreali, così come irreali
sono i claim, ispirati da Dante, che
in questo contesto appaiono taroccati anche quelli.
Chiaramente l’agenzia che ha curato la pubblicità difende il proprio lavoro, ma la domanda di fondo è: la Toscana ha bisogno di immagini ritoccate e aforismi inventati per comunicare il proprio brand? E soprattutto in un contesto di comunicazione dove si richiede una certa etica, è questa la nuova strada intrapresa in Regione?
Chiaramente l’agenzia che ha curato la pubblicità difende il proprio lavoro, ma la domanda di fondo è: la Toscana ha bisogno di immagini ritoccate e aforismi inventati per comunicare il proprio brand? E soprattutto in un contesto di comunicazione dove si richiede una certa etica, è questa la nuova strada intrapresa in Regione?
C’è qualcosa (parecchio) che non
torna.
Se proprio dobbiamo utilizzare l’inventiva
invece che la nostra ricchezza
naturale e artistica, allora meglio la burla olimpica fatta da un gruppo di
aretini: un dispaccio fatto girare in
rete, in cui si raccontava he nove giornalisti canadesi inviati a Sochi in
Russia per le Olimpiadi invernali erano arrivati per sbaglio a Soci, nel
Casentino. Così Soci ha avuto la propria visibilità, online ed offline, con un
falso sì, ma consapevole e ironico, secondo la tradizione del genio goliardico toscano.
P.S.: un grazie all’edizione del
Tirreno di domenica 9 febbraio 2014 che ha ispirato il post.
Commentate
pure, meglio però se non siete d’accordo
Nessun commento:
Posta un commento