In questo momento di crisi e di negatività, uno dei pochi settori che prevede un segno “+” a due cifre è proprio quello delle vendite online: +20% rispetto al 2010 raggiungendo 8.141 milioni di Euro (6.779 milioni nel 2010). E’ anche vero che siamo indietro rispetto ad altri paesi - il mercato italiano è un sesto di quello inglese (oltre 51 miliardi di euro), un quarto di quello tedesco (34 miliardi) e meno della metà di quello francese (20 miliardi) -, ma forse è proprio per questo che il ritmo di crescita è notevolmente superiore rispetto agli altri paesi e che quindi c’è ancora una prateria da battere.
Gli spunti che la ricerca (il cui report è scaricabile qui) offre, sono davvero tanti; uno in particolare sta nel fatto che trainante di quel 20% di incremento è il “boom dei siti di Couponing (vedi Groupon, Groupalia, LetsBonus, ecc.), che da soli hanno contribuito per quasi un quarto della crescita delle vendite online nel nostro Paese” (pag. 11 Osservatorio). Probabilmente hanno anche fatto diminuire il valore medio degli ordini (-4%, sia per i prodotti che per i servizi, rispetto al 2010, v. pag. 41, cit.).
La vendita di coupon online, e quindi di offerte vantaggiose (sconti superiori al 50%) su prodotti e servizi, è un fenomeno che si è imposto pesantemente nel mercato sulla rete, probabilmente anche per la crisi economica in atto, e che ha toccato anche i servizi turistici.
Come funziona? Il sito organizza dei “gruppi di acquisto”, attraverso la registrazione degli utenti e l’invio loro di newsletter relative alle offerte in atto, e vende servizi o prodotti a prezzi scontatissimi, per un periodo limitato di tempo, se un numero minimo di persone partecipa.
C’è chi definisce questa forma di e-Commerce social, come fosse una conseguenza del web 2.0 perché caratterizzata dalla forte interattività e partecipazione dei clienti.
Sociale in italiano significa: “che riguarda la società umana, che ha attinenza con la vita dell’uomo in quanto partecipe di una comunità nella quale ha, o dovrebbe avere, sostanziale diritto di parità rispetto agli altri membri” (dalla Treccani).
Questa definizione, tra l’altro, riprende quel senso di democrazia che, almeno in apparenza, si respira nei social network e dove si fa naturalmente anche business. Business lo fanno i partecipanti, ma soprattutto le società che gestiscono i siti attraverso advertising, app, linking e quant’altro, venduto alle aziende.
Nei siti di couponing, in realtà, si respira tutt’altra aria, e non solo perché non si tratta di social network (la registrazione a una newsletter non so quanto dia senso di appartenenza e di interazione!).
Le azioni commerciali di queste nuove realtà sono caratterizzate da spregiudicate e spinte campagne promozionali grazie a sconti che arrivano al 70-80% del prezzo di vendita della merce, oggetto delle campagne. Spesso e volentieri il messaggio che arriva mette in evidenza spesso più lo sconto - e quindi il deal – che non il servizio e le condizioni che sottostanno alla fruizione dello stesso. Aggiungiamo poi come possa verificarsi, soprattutto nel campo dei servizi alberghieri, una certa disparità di trattamento rispetto ai clienti che pagano il prezzo pieno – non giustificato e né giustificabile, ma un dato di fatto.
Di social, insomma, c’è veramente poco per non dire niente.
Commentate pure, meglio però se non siete d’accordo
il gruppo di acquisto dei servizi è un non sense oggettivo, non si possono comprare 100 kg di camere di hotel. Sul significato di questi nuovi canali commerciali credo ci sarà un bell'approfondimento in bto, certo è che molti clienti sono più scontenti che contenti. La pubblicità diventa allora più negativa che positiva. Se non si hanno situazioni particolari, come nuove aperture, necessità di far conoscere un nuovo servizio secondo me è meglio valutare con la massima attenzione la bilancia tra dare e avere.Un altro aspetto è che qui non si lascia il 20 o 25 % di commissione, ma il 50 % del prezzo minimo ridotto del 50 % al massimo resta l'equivalente del 25 % . Mi sembra davvero molto il sacrificio, con la quasi certezza che la fidelizzazione, quando si torna alla tariffa normale, sia minima. L'unica cosa da dire è di riflettere bene prima di firmare qualunque contratto di questo tipo.
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