sabato 15 febbraio 2014

Perché la Toscana non può sbagliare.

E’ sempre preferibile non sbagliare, ma, come si dice, “sbaglia chi fa”. Però è anche vero che meglio sarebbe non prenderci gusto, perché (tanto per continuare con le frasi fatte) perseverare è diabolico.
Tante sono state le polemiche sulla nuova campagna promozionale della Toscana, che i vertici della nostra giunta regionale hanno preferito sospendere il tutto e rifletterci un po’ su. E’ pure comprensibile questo vero e proprio insabbiamento, visto che, di questi tempi e con questi errori, la Corte dei Conti o altri organi di vigilanza poi presentano….il conto ai responsabili.
(l'ironia corre sul web: il Sauron di Michelangelo secondo Fonderie Creative, sulla loro pagine Facebook, http://www.fonderiecreative.com/Fonderie.html)

Tuttavia ci auguriamo che la riflessione finisca presto e si arrivi ad una risoluzione veloce, considerato che ogni giorno che passa è un giorno di ritardo. E il mondo va veloce.
E così siamo andati in bianco alla Bit 2014. Ora non è che l’edizione Bit di quest’anno, la cosiddetta più importante Fiera del Turismo in Italia, sia proprio stato quest’evento da ricordare (sintetizzo il mio report sulla BIT 2014 nell’ultima immagine di questo post), però quei pochi che son passati davanti allo stand della nostra regione non hanno potuto non notare che qualcosa mancasse. Mancava la Toscana, come territorio, come immagini, come messaggio.
Penso sia del tutto comprensibile congelare la comunicazione taroccata, però non credo che l’archivio di Toscana Promozione non avesse qualche immagine da proiettare sui pannelli lasciati desolatamente spogli.

(Bit 2014: lo stand della Regione Toscana)

Rossi: «Marchio Alta Maremma e accoglienza per attrarre il turismo»
e dice anche “Credo che il vostro progetto (il progetto Alta Maremma, nda) rappresenti un bell’esempio di ciò che si può fare per valorizzare il nostro territorio e che possa rappresentare uno stimolo ed un ottimo suggerimento per le altre zone della Toscana”.

Era il 2008 (bei tempi!) quando Fondazione Sistema Toscana poneva la nostra regione
all’avanguardia della promozione con la campagna “Voglio Vivere così” e soprattutto con il forte impulso sui canali web e attraverso strumenti di animazione sui social network. Altre regioni hanno poi seguito l’esempio.
Negli anni successivi arrivano le chiusure delle Apt e si accentra la promozione, lasciando l’accoglienza al buon cuore delle provincie e degli enti locali. Ma tanto siamo fortunati, perché abbiamo un brand che da solo è conosciuto, meglio concentrare e promuovere i territori sotto il cappellone della Toscana.
Giustamente la Maremma ha seguito l’esempio, fortunata com’è (anch’essa) di chiamarsi Maremma Toscana, arrivando al risultato di convincere tutti (pro loco, comuni, consorzi) di lavorare sotto un unico richiamo.
Sia perché effettivamente il marchio Toscana ha pochi rivali al mondo, sia perché è meglio non sprecare inutilmente risorse.
Appunto!!!

La nostra regione non può permettersi questi errori
Intanto perché non si fa mai bella figura quando si predica bene e si razzola male. Fino a ieri il verbo era quello di unire gli sforzi ed evitare inutili ed inventati brand e sottobrand, ma era anche quello di comunicare la verità perché la rete ti può smentire da un momento all’altro; e invece in pochi giorni viene smentita un’intera politica turistica di anni.
Ma poi c’è anche la responsabilità di rappresentare uno dei motori attrattivi dell’Italia, a livello internazionale. Mentre il mondo registra il 5%, il nostro paese, pur rimanendo una meta desiderata, rischia di perdere quote di mercato: dati Istat su gennaio/settembre registrano il segno negativo con -4,9% di presenze. Basti questo a segnalare il campanellone d’allarme.
Ci sono poi ripercussioni anche a livello locale. Nonostante gli incrementi registrati nelle presenze in Maremma, si convive con situazioni scoraggianti, dalle vetrine abbassate di negozi chiusi a livelli di disoccupazione ancora preoccupante. La crisi ancora morde e rischia di offuscare la strategia anche imprenditoriale. E allora ecco la scelta “egoistica” di fare per conto proprio, di inventarsi vecchie idee di brand di statura alta, media o bassa oppure portali territoriali con propri booking engine a contrastare (sic!) le OTA come Booking.com o Expedia.

In una situazione così delicata come quella che stiamo vivendo, non ci si può permettere di perdere la bussola, contraddicendo quel “fare sistema” o quel “fare sinergie” che avevano trovato una propria strada.
Pensiamo infatti al portale turismointoscana.it, che ha acquisito nel tempo una sua autorevolezza online, e alla recente trasformazione del booking come piattaforma di prenotazione regionale unica, che può essere collegato ai singoli booking engine delle strutture ricettive che ne possiedono uno, o implementato nei siti dei comuni o delle pro loco.

Oggi, razzolare e incoraggiare a razzolare in modo diverso ci può portare solo ad un corto circuito, con conseguenti danni al nostro sistema turistico e difficile poi da rimettere in ordine.
Lassù, a Firenze, tornate in voi!

(Bit 2014, il mio report dall'edizione di quest'anno)



 Commentate pure, meglio però se non siete d’accordo

domenica 9 febbraio 2014

Don Chisciotte, la Toscana e il web 2.0.

L’abitudine di acquistare il quotidiano locale regionale del Tirreno la domenica mattina può dare delle simpatiche sorprese. Un paio di queste galleggiano nel nuovo universo creato dalla rete, un ambiente definito web 2.0, ancora sconosciuto. O conosciuto ma non compreso.

Partiamo dallo sconosciuto: l’amico Robi Veltroni si confessa e si prende una pagina della cronaca grossetana per una recensione (non più) anonima su Tripadvisor riguardante un ristorante del centro maremmano.

“Sono io, Robi Veltroni, il recensore anonimo di Tripadvisor che sostiene che i menù di Romolo sono sessisti e farebbe bene a cambiarli. L’ho recensito due volte nell’ultimo anno. Ci sono andato 6/7 volte con almeno 10 ospiti diversi spendendo 700 euro (posso mostrare anche le ricevute). Visto che può permettersi di non avermi come cliente vorrà dire che andrò altrove. Prima però vorrei un ultimo invito a cena e spero proprio che Romolo mi accordi questo piacere…”.



A parte le provocazioni, compresa quella del ristoratore che “vieta l’ingresso agli utenti Tripadvisor”, la questione non è nuova: l’anonimato dei recensori, la paura delle recensioni farlocche o in malafede. Cosa che è molto più sentita nel settore della ristorazione, meno avvezzo ad avere a che fare col web, rispetto all’hotellerie, e tecnicamente con meno strumenti idonei ad individuare i clienti-recensori (i dati degli ospiti di un albergo vengono registrati e gestiti, diversamente da quanto accade in un qualsiasi ristorante, ad esempio).
Tuttavia, ciò non significa che nessuno può considerarsi fuori dalla rete: Internet esiste con tutti i suoi derivati (da Tripadvisor a Facebook, da Twitter ai blog) e fa parte della vita quotidiana, con tutti i suoi difetti e le sue contraddizioni. Combattere questa evoluzione sociale significa mettersi nei panni di Don Chisciotte e lottare contro i mulini a vento.

E poi ribaltiamo la medaglia: quando non c’era internet, le persone in malafede, i pregiudizi, l’ospite inaccontentabile o, peggio, con problemi psichici, esistevano allo stesso modo e parlavano “passando ad altri la propria parola”. Adesso il passaparola è online ed è pubblico, letto da milioni di persone, tra cui anche gli operatori giudicati. E’ questa la differenza sostanziale dal passato, motivo per cui dobbiamo attrezzarci a monitorare e gestire le rete e la nostra reputazione online, in modo da raccoglierne positivamente i frutti. Si può fare,… e mi viene in mente lo chef Costardi alla BTO nel panel “Reput’azione e food” quando diceva che “chiunque entra in un ristorante è un potenziale blogger.”
Per gestire questa rivoluzione serve, però, un adeguamento culturale, non sempre facile da conquistare.

Ma la rivoluzione del web 2.0 non è sempre sconosciuta, anzi c’è chi ne ha fatto una bandiera, coma la Regione Toscana, tra le prime ad investire il proprio budget per la promozione in questo campo. E gli investimenti non sono mai stati di poco conto.
Tra l’altro va anche segnalato lo sforzo del passo verso la promo-commercializzazione con una nuova piattaforma di booking (presentata in Maremma giorni fa).
Aggiungiamo, inoltre, che la Regione ha anche promosso, nel corso degli ultimi anni, seminari, convegni, corsi per aggiornare e formare gli operatori nell’utilizzo degli strumenti messi a disposizione dal web 2.0.
Ed anche se succede, come denunciato della prima parte di questo post, che ci si ritrova ad affrontare contenuti falsi, una delle indicazioni più importanti date da questo nuovo modo di comunicare è che la qualità offerta deve essere il più possibile collimante a quella promessa e a quella percepita dal cliente. E’ lui, il cliente, infatti uno dei nostri “mezzi di comunicazione”, il quale condividerà al mondo le proprie “percezioni”. E più la sua percezione è vicina a quanto comunicato e migliore sarà il commento divulgato, semplicemente perché abbiamo soddisfatto le aspettative dei nostri ospiti. Questo hanno insegnato, giustamente, agli operatori.
E stamani invece il quotidiano, rispetto alla nuova campagna di promozione turistica della Regione Toscana, titola (correttamente) così: Meglio un sogno tarocco che la solita cartolina.


Ci troviamo, quindi, la spiaggia della Feniglia (Argentario) con uno scoglio da dove la gente si tuffa, lo sfondo delle Alpi Apuane con uno sperone di roccia che non esiste, la cupola del Brunelleschi di Firenze con accanto la torre di Pisa. Tutti panorami modificati (bene), ma irreali, così come irreali sono i claim, ispirati da Dante, che in questo contesto appaiono taroccati anche quelli.



Chiaramente l’agenzia che ha curato la pubblicità difende il proprio lavoro, ma la domanda di fondo è: la Toscana ha bisogno di immagini ritoccate e aforismi inventati per comunicare il proprio brand? E soprattutto in un contesto di comunicazione dove si richiede una certa etica, è questa la nuova strada intrapresa in Regione?
C’è qualcosa (parecchio) che non torna.

Se proprio dobbiamo utilizzare l’inventiva invece che la nostra ricchezza naturale e artistica, allora meglio la burla olimpica fatta da un gruppo di aretini: un dispaccio fatto  girare in rete, in cui si raccontava he nove giornalisti canadesi inviati a Sochi in Russia per le Olimpiadi invernali erano arrivati per sbaglio a Soci, nel Casentino. Così Soci ha avuto la propria visibilità, online ed offline, con un falso sì, ma consapevole e ironico, secondo la tradizione del genio goliardico toscano.



P.S.: un grazie all’edizione del Tirreno di domenica 9 febbraio 2014 che ha ispirato il post.


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