Benché
questo post venga scritto e pubblicato a pochi giorni dalle elezioni politiche,
non vuol essere un richiamo ai candidati, che difficilmente lo leggerebbero, ma
descrivere un appello che c’è ma non si sente (o non si hanno
orecchie per sentire).
Sono usciti
infatti i risultati di un’indagine dell’Isnart
(Istituto Nazionale Ricerche Turistiche) basata su più di 1.600 interviste
completate ed effettuata a fine gennaio 2013. Il campione degli intervistati è
formato per lo più da operatori turistici (83,7%), dove predomina il nord nella
suddivisione tra aree geografiche (NE 26,2%, NO 26%, Centro 26,1%, Sud/isole
21,7%), l’età più matura nella suddivisione per anzianità (18-35: 14,2%; 36-45:
24,5%; 46-55: 30,4%; oltre 56: 30,9%) e gli imprenditori (46,6%) tra le
variabili per “professione”.
Stando all’indagine,
si ricava una forte sollecitazione
affinché intervenga il governo centrale in maniera mirata e finalizzata a
stimolare la ripresa del comparto.
Si chiede
innanzitutto un piano strategico nazionale (tav. n.1), che tra l’altro già
esiste, ma possiamo interpretare la risposta anche con la necessità di
attuarlo. Questa richiesta fa il paio con la convinzione che la politica nazionale per il turismo (tale deve
essere per il 67% degli intervistati, tav. 4), può far molto, soprattutto rafforzando
l’offerta a livello internazionale e anche perché “le imprese da sole non ce la fanno” (tav. 3).
Tutto questo
con buona pace del referendum che
abrogò il ministero del turismo.
Delle
risposte in questo senso già esistono, a parte il piano nazionale, come vengono
elencate in un post di Lidia Marongiu: un rinnovato Enit, il turismo come
argomento di campagna elettorale, un movimento web di operatori che chiedono di
parlare di turismo ai candidati e un esempio di modello di sviluppo turistico
condiviso della regine Liguria.
Al governo
inoltre si chiede l’uso della leva
fiscale per dare stimolo allo sviluppo turistico del paese, sia riducendo l’imposizione
per le imprese (60,2%) che per le famiglie (36,8%), tav. 2. Naturalmente questa
richiesta è predominante soprattutto tra le imprese turistiche (rispettivamente
71,6% e 47,1%).
Nella
seconda parte dell’indagine si valutano le azioni dalla parte dell’offerta. Pur partendo da un certo pessimismo sull’andamento della
domanda turistica che si prevede in diminuzione (sia quella interna che quella
dall’estero per il 29,4%, tav. 5), c’è la consapevolezza di dover lavorare sull’offerta
(innovandola e rendendola più appetibile per un turista con minore capacità di
spesa per il 60,8% e focalizzandola verso l’estero, per il 33,9%, tav. 6), con
l’idea prevalente di investire per
migliorarne la qualità (47,5%, tav. 7).
Solo migliorando ed evolvendo le imprese potranno resistere per il 34,8%, mentre per il
27,8% dipenderà da politiche adeguate. E alla fine, al contrario delle
premesse, gli ottimisti, pur “sotto
condizione”, sono la maggior parte (66,7%, tav.8).
Meglio così.
Commentate pure, meglio però se non
siete d’accordo
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