Esperti, studi, ricerche di mercato
ci dicono che le recensioni hanno un
valore in termini economici, perché stare nelle posizioni alte delle
classifiche offre una maggiore visibilità e garanzia agli occhi dei potenziali
acquirenti, e quindi maggior fatturato.
Il concetto in premessa vale per
tutte le tipologie di prodotto ed ha una rilevanza molto sentita nel mercato
turistico perché, se ci mettiamo dalla parte del cliente, è difficile valutare
un servizio soltanto dalle foto di un sito-vetrina (vedi in proposito “Scelta dell’hotel: i fattori che impattano di più sono recensioni e prezzo” su Booking Blog). Il cuore delle attività di
servizio è dato dai vari addetti e dal
calore umano che essi trasmettono, la cosiddetta parte immateriale che diventa fondamentale nei commenti e giudizi che si
vanno poi a leggere per la scelta di un hotel o di un ristorante. Si leggono
recensioni di utenti sconosciuti per avere una fonte indipendente da cui
attingere informazioni per percepire la qualità del servizio offerto, che
quindi rapportata al prezzo ne determina la scelta, in senso positivo o
negativo.
E’ chiaro che un servizio dagli alti
standard di qualità, avvertita sia dagli aspetti concreti e visibili sia da
quelli immateriali riconducibili, ad esempio, dai giudizi, offerto ad un prezzo
ritenuto congruo o basso fa accendere nella testa di tutti la lampadina della convenienza.
Ma quando ci si imbatte nel caso
contrario?
Mi è capitato di recensire (vedi
immagine sotto) un hotel dove ho soggiornato una notte ad un prezzo davvero
ridicolo: € 19,00 per una doppia uso singola, comprensivo di colazione. Avessi
preso la singola sarebbe costato € 14,00. Ho poi verificato che normalmente il
prezzo è € 25,00, in alta stagione € 35,00. Tra l’altro era una periodo di
fiera, quindi ci si doveva aspettare un prezzo quantomeno non ribassato, ma
evidentemente l’estremizzazione delle
teorie del revenue management oppure la paura della camera
vuota ha provocato un ribassamento della tariffa. In effetti però l’hotel non
era neanche al 50% dell’occupazione, così a occhio.
Perché il massimo dei voti?
La prima considerazione da cui
partire è quella del prezzo: in
quelle € 19,00 ci va compresa l’Iva e le altre tasse e imposte, la commissione
dell’OTA (è stata infatti prenotata su un portale di prenotazione, non da
me), i costi diretti della biancheria,
delle pulizie, dell’energia (poca), della colazione (pure se scarsa, ma
comunque il minimo indispensabile). Nel conto economico dell’hotel molto
probabilmente non vanno considerati ammortamenti di alcun bene (talmente tutto
datato…e senza tv) e davvero limitati i materiali di consumo. Ne consegue un margine basso (ma possibile) per la
proprietaria (che probabilmente era anche l’unica risorsa umana presente, ed
ecco perché non computo il costo del personale).
Sul lato della qualità dell’accoglienza, la cortesia e la simpatia della
proprietaria rappresentano la parte
immateriale e positiva, mentre la struttura, pulita ma datata, con il minimo
indispensabile di servizio e una location rumorosa (strada e ferrovia), formano la parte materiale e, se non negativa, col giudizio meno favorevole.
Tuttavia ad una qualità per niente
eccelsa è corrisposto un prezzo basso, direi il minimo indispensabile per “noleggiare”
un posto letto; ne deriva quindi un rapporto qualità/prezzo giusto e che
soprattutto non dà e non deve dare aspettative.
Il valore effettivo del servizio si è tradotto nel prezzo, ed è per questo che
la votazione è stata la massima possibile.
Il prezzo non è solo ciò che spiega in numeri e in moneta il valore di
scambio nel mercato, ma, in termini più generali e senza voler disturbare
alcuna teoria economica, il valore
intrinseco del servizio, quindi quanto ci soddisfa rispetto alle
aspettative che riponiamo in quel soggiorno. E quindi non solo la somma di
costi, diretti o indiretti, rapportati all’erogazione del prodotto turistico, e
di profitto, ma anche il sito (fisico,
non web) dell’hotel, la rete interna delle persone addette e la loro
umanità, il territorio intorno alla struttura, l’ospitalità della comunità che
vive in quella destinazione, la storia di quanti hanno “fatto” quella
particolare accoglienza; non vuol essere una visione romantica, ma il valore di
un servizio di ospitalità non può essere solo considerato in termini economici.
In questa visione e ribaltando la
questione, un prezzo troppo basso per una qualità, talvolta solo
apparentemente, alta può essere conveniente per chi ne usufruisce ma si può
umiliare il valore reale dell’ospitalità.
Purtroppo la crisi economica, oltre
che far circolare meno soldi e aumentare le povertà, è degenerata in una crisi di valori
e di valore; ha creato una
concorrenza più agguerrita e una lotta al prezzo più basso, o allo sconto più alto, corrotta anche da
teorie di revenue management troppo
spinte che drogano il mercato. E questa è una situazione a forte rischio:
quello di veder fallire strutture che non riescono a star dietro
all’abbassamento delle tariffe e quello di vedere vincere quelle che mettono in
mostra l’apparenza più bella (a poco prezzo) ma senza contenuti e quindi senza
valore.
Serve restituire il giusto valore
alle cose. Come a volte sento dire con accezioni di provincia “paghi poco, godi poco”, allora allo
stesso modo per godere tanto, si paghi pure tanto!
Commentate
pure, meglio però se non siete d’accordo
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