domenica 30 marzo 2014

Il Turismo in Italia, la parte vuota e la parte piena del bicchiere

Il 29 marzo un pezzo sul Corriere della Sera scritto da Gian Antonio Stella ha fotografato in maniera dura e cruda la situazione attuale dell’industria turistica italiana. “Turismo, prezzi alti e poca cultura dell’ospitalità: l’Italia non è piùprima.”: in quest’articolo si snocciolano alcuni dei dati per il 2013 del ministero dei Beni Culturali e di un rapporto scomodo dell’associazione «italiadecide» e grazie ai quali si descrive la parabola negativa della fetta di mercato del turismo italiano rispetto al turismo internazionale mondiale, dal 19% nel 1950 al 4,4% dell’anno passato. Vero è che i turisti stranieri che vengono in Italia son passati da 4,8 a 47,8 milioni, aumentando di dieci volte, tuttavia il mercato turistico mondiale si è moltiplicato per 43 nello stesso lasso di tempo. E quindi nonostante il nostro paese come destinazione sia tra i più desiderati e il made in Italy sia tra i più ricercati in rete, il turismo non riesce a diventare l’industria vera della nazione e contestualmente anche la percentuale di valore aggiunto sul Pil nazionale è basso.
Le motivazioni? Secondo il giornalista prezzi alti e scortesia da parte degli operatori privati, mancanza di strategia da parte del settore pubblico. Al solito.

Sicuramente sarà anche così, ma non solo.
Il turismo italiano, in realtà,  riflette il paese, basti pensare alle complicazioni burocratiche per aprire un’azienda, ampliarla e anche solo gestirla, per gestire i contratti di lavoro oppure anche l’arretratezza in campo digitale, sia per le infrastrutture su cui deve correre la rete stessa sia per l’uso “culturale” che si fa di internet (pensiamo, ad esempio, alla poca dimistichezza dell’italiano medio con l’e-commerce). E, poi diciamo la verità, siamo noi italiani che crediamo poco in questo settore, dimostrandolo anche nel nostro linguaggio: un menù turistico, ad esempio, dà l’idea di un qualcosa di economico ma anche di bassa qualità.

Bisogna quindi uscire dall’ambito nazionale, per trovare un po’ sul nostro futuro: il riferimento è al rapporto annuale del World Travel & Tourism Council e le previsioni dell’impatto economico per il 2014 in Italia.
In un quadro di crescita mondiale del settore Travel&Tourism, con una previsione di aumento del 4,3% di valore aggiunto, tutti gli indicatori considerati per il nostro paese sono infatti positivi e al rialzo.


Il contributo diretto al Pil è previsto con una crescita del 2,6% (media europea 3,4%), mentre quello totale (diretto e indiretto) segnerà un +2,1% (media europea 2,8%). Rispetto agli altri paesi, non brilliamo: al 153° posto nella classifica della crescita dell’impatto diretto, al 158° in quella relativa al contributo totale. Da segnalare che nel 2013 il settore ha contribuito direttamente per un 4,2% e per un 10,3% considerando anche l’impatto indiretto e indotto. In questo senso e in termini di valore assoluto, l’Italia è rispettivamente 6^ e 8^.
Pure per l’occupazione un segno positivo: +2% per l’occupazione diretta (5% del totale degli occupati italiani) e +1,3% per l’occupazione totale (diretta+indiretta+indotta, pari all’11,9% su tutti i lavoratori).
Tra gli impatti diretti sul Pil, viene registrata la spesa dei visitatori stranieri, con una previsione importante di crescita del 3,6% per il 2014.
Aumento significativo annunciato pure per gli investimenti con un 4,3% per fine anno.

(tutti gli indicatori in un'unica tabella)

In definitiva il nostro sistema turistico beneficerà del movimento turistico internazionale che sta proseguendo nella suo percorso di sviluppo, sia nel breve termine che nel lungo. Il rapporto suggerisce una previsione fino al 2024, con tutti gli indicatori in crescita piccola ma costante.

Resta però un po’ di amaro in bocca, perché questi segnali di progresso  li vorremmo vedere più rilevanti in considerazione delle potenzialità delle nostre attrattive e perché il turismo può essere il volano vero dell’economia italiana.

(recente scambio di tweet sul rapporto tra economia e turismo)

 Tuttavia una cosa è certa: è inutile piangerci addosso mentre è importante cercare quel filo di positività e ottimismo tali da stimolarci ad offrire la crostata fatta in casa ai nostri ospiti.

Per approfondimenti: qui il rapporto sull’impatto del turismo in italia e qui l’infografica da esplorare del report globale 2014.



Commentate pure, meglio però se non siete d’accordo

mercoledì 26 marzo 2014

“Location, location, location”: le 3+1 ragioni per il successo di una struttura turistica

Location, location, location” era un modo di esprimere quanto l’importanza strategica della posizione fisica di un albergo fosse fondamentale per la politica gestionale dello stesso e soprattutto per il suo successo. La frase è attribuita a uno che ne capiva, Conrad Hilton, fondatore dell’omonima catena alberghiera.
Ma ancora oggi si possono così sintetizzare i parametri per la buona gestione di un’impresa turistica alberghiera?

Location, come posizione fisica dell’hotel - ma anche di una qualsiasi attività turistica e quindi rivolta al pubblico - può davvero rappresentare, ancora oggi, quel plus che rende le cose più semplici ai gestori. Esistono ancora hotel, che all’interno di un territorio particolarmente attrattivo si trovano proprio di fronte alla “calamita” del flusso turistico. Una vera e propria rendita di…posizione.
Insomma stare in centro o in periferia, rispetto ad una località o ad una certa attrazione fa la sua differenza.

Location, come posizione sul mercato. E qui si entra in un campo amplissimo, quale quello del posizionamento del proprio prodotto sul mercato turistico, non inteso come quota di vendita raggiunta rispetto ai concorrenti, quanto l’immagine che si vuol dare al proprio prodotto. Un’immagine di differenziazione rispetto ai concorrenti e che collimi con i potenziali ospiti che si vogliono attrarre.
Componente basilare è il servizio e lo standard qualitativo che gli si imprime, rapportato a come viene raccontato nelle conversazioni online e offline e, naturalmente, al prezzo. Il quadro che così si compone e si offre dovrà essere il più possibile simile a quello che i nostri ospiti si aspettano e percepiscono, così da agevolare quelle famigerate recensioni online. In una parola il nostro brand (o al femminile J la brand reputation).

Location, come posizionamento online. SEO (Search engine optimization), SEM (Search engine marketing), key words, SERP (Search Engine Results Page), pay per click, web marketing, meta motori…. sono tutti termini che possono sottintendere a delle azioni per far acquisire al proprio sito o al proprio booking engine la necessaria visibilità affinché il nostro potenziale cliente ci trovi nelle sue ricerche.
E qui lo vogliamo intendere in senso più ampio possibile: chi naviga può certamente cercare
attraverso i normali motori di ricerca (Google, Bing, Yahoo,…),  e quindi ecco l’importanza della costruzione del sito, dei suoi contenuti, delle sue parole chiave, oppure della sua visibilità tra i risultati a pagamento; ma non solo. La ricerca può avvenire all’interno di un’OTA (Online Travel Agency) e al suo interno esistono delle “regole di posizionamento”, o di classificazione, dettate dalle condizioni contrattuali piuttosto che dai giudizi dei clienti; oppure all’interno di un portale di recensioni così come di un metamotore (a volte lo stesso sito), dove si mettono a confronto i prodotti e i relativi prezzi. E anche qui il posizionamento della propria azienda o del proprio sistema di prenotazione è influenzato da diversi fattori, tutti interni all’ambiente considerato.

Geo location, la geolocalizzazione. Le ricerche sul mobile (tablet e smartphone) supereranno, fra uno o due anni, quelle sul pc. Ma questo non significa che già da un po’ di tempo non sia basilare tener conto della corrispondenza geografica della nostra attività nel mondo (parallelo) digitale. Una volta (un anno fa?), si prendeva ad esempio Foursquare, un social network che si basava proprio sulla geolocalizzazione, facendo condividere ai propri
utenti il loro posizionamento e quindi le loro attività in un determinato luogo, creando così una serie di opportunità di marketing alle imprese riconosciute nell’applicazione. Oggi, la stragrande maggioranza delle app sui nostri smartphone vuol sapere dove siamo in modo da renderci le ricerche adeguate rispetto a dove ci troviamo. Tanto per cambiare gli esempi, 2spaghi.it è un sito di recensioni di ristoranti e la relativa applicazione, aggiornando la posizione rilevata, permette la ricerca di una pizzeria o di un pub, iniziando dalle attività più vicine a noi.

Tutte queste location sono collegate tra loro e l’una influenza l’altra: il territorio intorno alla nostra attività può migliorare o peggiorare il nostro posizionamento sui motori di ricerca, così come la nostra brand reputation, ad esempio. A maggior ragione possiamo rispondere in modo affermativo alla domanda iniziale, tenendo presente che i fondamentali della risposta restano tali, ma vanno a svilupparsi nei nuovi canali e nelle nuove tecnologie fornite dalla rete e dall’innovazione.




 Commentate pure, meglio però se non siete d’accordo

sabato 1 marzo 2014

E-commerce, Italia sempre indietro.

Già in altri post ci siamo occupati di e-commerce e tutte le volte che ci siamo trovati a confrontare il nostro paese con gli altri, lo abbiamo trovato sempre tra i fanalini di coda (vedi ad esempio "European digital behaviourstudy 2013: l’e-commerce")
In questo nuovo studio che fa il punto sull’utilizzo dell’e-commerce nei 28 paesi dell’unione europea, l’Italia continua a mantenere il suo grado di arretratezza rispetto, non solo ai paesi più sviluppati (quelli del G8 per intenderci), ma anche in confronto a tutti gli altri. L’analisi è stata elaborata dal Centro Studi di MMOne Group ed ha utilizzato i dati di Eurostat.
L’obiettivo della ricerca è quello di capire quanto i paesi europei sfruttano la piattaforma online per il commercio rispetto ai canali tradizionali offline, sia dal lato delle imprese che da quello dei cittadini, confrontandoli tra loro. Sono stati infatti utilizzati alcuni indicatori per poi aggregarli e stilare una classifica. Se viene dato a 100 il valore al paese che usa di più l’e-commerce (la Danimarca) e 0 quello che viceversa lo usa meno (la Romania), l’Italia si attesta quart’ultima con uno scarso 14,2.



Nella fotografia di tutti i paesi il divario è “geografico”, una netta separazione, cioè, tra il nord e il sud dell’Europa.



Entrando più nello specifico e nelle ragioni di questa classifica, come detto, sono stati analizzati alcuni indicatori. Per le imprese i dati considerati sono state la percentuale di fatturato che deriva dall’e-commerce rispetto al totale, le percentuali di imprese che acquisiscono ordini e acquistano grazie alle reti informatiche e le percentuali di imprese che ricevono ordini e vendono tramite il proprio sito web,
Per i cittadini la propensione all’uso dello shopping online è stata misurata attraverso altre variabili, quali l’uso dell’internet banking, la percentuale di quanti hanno fatto acquisti online nell’ultimo anno e quanti lo hanno fatto su siti esteri, quanti acquistano viaggi online, software per pc e per videogame, e quanti vendono i propri beni e servizi.

Per avere in un unico colpo d’occhio il quadro di tutti queste variabili ho provato a sintetizzare nella seguente tabella, tenendo presente la media UE, il valore del primo classificato e quello del nostro paese:

  
Indicatori
Media
UE
Stato
1° classificato
Italia
Imprese
fatturato che deriva dall'E-commerce
15%
Rep. Ceca
24%
6%
ricevono ordini tramite reti informatiche mediate
16%
Danimarca
29%
6%
acquistano tramite reti informatiche mediate
34%
Danimarca
74%
35%
vendono tramite il proprio sito web
15%
Rep. Ceca
34%
11%
ricevono ordini tramite il proprio sito web
13%
Croazia
25%
5%
Cittadini
hanno fatto acquisti online nell'ultimo anno
44%
Svezia
74%
17%
hanno fatto acquisti online transnazionali nell’ultimo anno
11%
Lussemburgo
60%
5%
usano internet banking

40%
Finlandia
82%
21%
vendono online beni o servizi

16%
Slovenia
30%
8%
acquistano online software per computer
11%
Danimarca
27%
3%
acquistano online viaggi

24%
Svezia
56%
8%
acquistano online software per videogame
7%
Svezia
18%
1%

Come si vede, stiamo sopra la media europea soltanto grazie alle imprese che acquistano online, mentre in tutti i casi stiamo sempre lontano dalla nazione più virtuosa. E’ evidente che c’è un problema culturale di fondo, sia nel settore imprenditoriale che nel sociale, ancora restii ad utilizzare la rete, e quindi ad acquistare senza toccare e a mezzo di moneta elettronica.

E questo vale a prescindere dal problema della diffusione della banda larga, tema non affrontato in questa ricerca.
All’italiano medio il virtuale piace ancora poco, ma se ce lo facessimo piacere di più, magari si potrebbero aprire strade e stimoli nuovi per un’economia che annaspa (e viene da pensare al tema del Made in Italy, così tanto “ricercato” online – vedi  "Google sull'Italia (non) digitale" e "Le mie parole dal BTO 2013"), oltreché semplificarci la vita. 



Per approfondimenti, la ricerca è scaricabile qui.


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