martedì 15 aprile 2014

La Maremma al mio #Vinitaly2014.

Capita con questo post che la rotta del blog vada a perdersi in terreni diversi dal solito; in qualche modo sarebbe meglio dire che si è andata a infilare tra i vigneti, in senso metaforico naturalmente.
È la seconda volta che mi capita di andare al Vinitaly a Verona: già era successo nel 2013 in una sorta di gita sociale. Stavolta, con più calma e con un filo di indicazione su ciò che si voleva andare ad assaggiare. Si perché anche se con una certa elasticità, ma avere un’idea in anticipo di ciò che si vuol fare è essenziale: il Vinitaly è una fiera, anzi la Fiera.
Come tutte è un incontro tra domanda e offerta, ma mentre per la maggior parte la rete ha sostituito e anzi le ha inglobate in sé in maniera permanente, in questo caso il digitale non può rimpiazzare (almeno per ora) la prova gustativa di una scelta così vasta e così concentrata.
Ecco perché il Vinitaly resiste, anzi cresce: 155.000 presenze in 4 giorni, con un +6% e buyer esteri pari a 56.000, contro i 53.000 dell’edizione precedente.

Con queste premesse bisogna sì organizzarsi con i compagni di fiera,  ma anche lasciarsi andare alla possibilità di ispirazioni dell’ultimo secondo, inviti e curiosità.
il "cuore di Les Cretes
Tuttavia, dopo qualche (p)assaggio nelle predette indicazioni programmate, tra gli amici di Cantine Lvnae (liguri, ma sul confine) e la Val d’Aosta di Les Cretes e i grandi e classici piemontesi di G.D. Vajra, dobbiamo pensare a soddisfare l’obbligo morale di visitare la nostra terra in versione Vinitaly. Questo non solo e non tanto perché da quando siamo nei #Maremmans non ci possiamo sottrarre alla promozione social della Maremma e di noi stessi, ma perché è naturale andare a carezzare la soddisfazione di respirare aria nostrana in un’ambiente così internazionale. Fa anche un po’ figo.
In realtà, già all’entrata avevamo già parlato maremmano, incontrando il presidente Lamioni della CCIAA di Grosseto: - E’ qui per qualche appuntamento in particolare?, e lui: - No, ho solo un padiglione con 70 produttori maremmani!, con tutto l’orgoglio possibile, ma che per scritto non si riesce a far vibrare.

Passione Maremma – Wine, Food & Shire è il titolo del padiglione dove hanno trovato spazio aziende del grossetano con propri spazi autonomi e beneficiando della collaborazione della Camera di Commercio stessa. Un modo per cavalcare al massimo il brand Maremma, la sua doc e l’evento di maggio che si svolgerà a Grosseto, tutto sotto un unico coordinamento e soprattutto un’unica veste.
dal secondo da sinistra: Flavio
e i suoi boys, del Grottaione
Ma prima ancora di arrivare a fare i maremmani turisti, non si poteva rifiutare la possibilità di pranzare con i nostri sapori. Tra i suoi appuntamenti, Slow Food, guarda il caso proprio quel giorno e in uno spazio lungo il nostro cammino J, offriva un menù degustazione toscano con abbinamento di vini di un’azienda agricola della zona sud della nostra provincia, quella dei Fratelli Bruni. E, ma come sarà strano il destino J, la pietanza proposta come secondo era l’ottimo peposo di vacca maremmana, cucinato dagli amici della Fattoria delGrottaione di Montenero d’Orcia. Se non è un testimonial questo piatto!

E’ stata dura ma poi alla fine, sotto l’ala della passione maremmana ci siamo arrivati. Certo, l’intenzione di
un angolo dello stand de Le Spighe
twittare o instagrammare in diretta il percorso c’era anche, ma un po’ la rete intasata, il wifi che non prendeva, la batteria scarica, l’aria di casa, i vini dell’agriturismole Spighe ci hanno convinto ad una pausa.
Non che gli altri, forse più conosciuti e “classici”, siano da disdegnare…tutt’altro: Poggioargentiera, Moris Farm, Terenzi, Montauto e tutti gli altri dimostrano quanta varietà e qualità si possono concentrare nei prodotti di un territorio, una volta dedito solo alla…..malaria. Perciò la scelta della bevuta maremmana è andata in qualcosa di meno conosciuto ai più.

un corridoio del padiglione

la saletta del padiglione

















































La Maremma era presente anche in altre aree della fiera veronese, come ad esempio in quella dedicata ai : e siamo andati ad assaggiare Cuccuvaia, l’unica etichetta di un’azienda nel comune di Cinigiano, nata grazie al sogno realizzato di due amici, un medico italiano ed un architetto greco. Una passione ed una particolarità: il vino esce come igt e non come doc di Montecucco, nonostante i vigneti siano iscritti nel relativo albo, perché resta un anno in più in cantina rispetto ai doc del Montecucco e perché è formato esclusivamente da sangiovese senza altri vitigni aggiunti.
vini bio
Della serie, tutti maremmani, ma ognuno a modo suo.

Infine, dopo aver continuato il percorso pomeridiano (cantine Masi, col d’Orcia, Castello Lispida, ed altri) ed aver superato il personale record di assaggio vini senza cadere nelle conseguenze dei fumi alcolici (49 in fiera più 4 fuori), un sospiro di sollievo: stavolta la Toscana, al contrario della Bit, un segnale della propria esistenza e del proprio brand l’ha messo (vedi foto e confrontala con quella bianca alla fiera di Milano).



Commentate pure, meglio però se non siete d’accordo

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