L’avvento
del web ed il suo ruolo ormai di ambiente
naturale delle nostre abitudini ha stravolto in poco tempo il mercato
turistico in tutta la sua filiera e in tutti i momenti del viaggio.
La digitalizzazione e condivisione, nelle
varie espressioni permesse online, delle esperienze di vacanza ha amplificato
il passaparola che resta il
principale “strumento” di scelta: pregi e difetti delle strutture turistiche,
hotel o ristoranti, vengono messe a nudo e, al netto delle opinioni degli
estensori, le aziende diventano “case di vetro”. La nuova democrazia della condivisione del web 2.0 costringe a comunicare
quanto più fedelmente possibile ciò
che si promette nei siti web, nelle campagne promozionali e quant’altro. Un
piccolo esempio qui sotto tratto da Oyster sulla vicinanza di un hotel di
Washington al Campidoglio.
(dal sito dell'hotel)
(la realtà fotografata da Oyster)
Il
rovescio della medaglia dell’era della “connessione permanente” è la forma monopolistica, od oligopolistica, di certi
canali distributivi: pur in un mercato di tanti attori, alcuni di questi hanno acquisito
una forza ed una presenza maggiore di altri, come Booking.com (priceline) ed
Expedia, che spesso vengono sorpresi a….. mangiare i pesci (le altre OTA, Online Travel Agency) più
piccoli.
Tale
posizione di forza rende questi intermediari così opprimenti da mettere in difficoltà i tanti piccoli fornitori
(alberghi) del mercato, tanto da scatenare azioni sindacali verso certe
clausole degli accordi (peraltro firmati e controfirmati) commerciali (vedi l’indagineAntitrust di maggio 2014). Se da una parte questi portali offrono una grande visibilità alle aziende ricettive, dall’altra
è ovvio che fanno i propri interessi.
Ma
anch’essi devono cercare di fare il proprio lavoro in maniera corretta. E per esempio raccontiamo una
storia (realmente accaduta) su booking.com.
E’
in uso negli hotel avere delle tariffe legate alla occupazione delle proprie camere: ad esempio 100 € per una camera
occupata da due persone, 70 € per la stessa se occupata da una persona. Fino a
poco tempo fa questo albergatore non aveva utilizzato questa tariffazione di
una singola occupazione anche sull’ota in questione….finché non si accorge di
un fatto strano: se si fa una ricerca di una camera per due adulti, non
appaiono solo i prezzi di una camera con doppia occupazione ma anche quelli con
la singola occupazione (chiaramente negli hotel che utilizzano questa funzione
su booking).
(un esempio tratto da booking.com) |
Nella mente di un qualsiasi potenziale cliente che ha fatto tale
ricerca, è chiaro che l’occhio cadrà, a parità di condizioni, sul prezzo più
basso, senza tener conto dell’iconcina della persona singola (del resto aveva
fatto una ricerca per due). Quindi - pensa l’albergatore - questa cosa può
provocare confusione e conseguenti
equivoci. Bisognerà escogitare un altro modo per vendere la tariffa uso singola
su booking.com e non tener conto dell’assistenza del portale che dice che il
sistema così fatto è di default ed è fatto apposta perché “se magari chi
prenota vuol portare amici in singola…” (sic!).
Si
sa, quando l’ospite arriva è stanco e se c’è qualcosa che non va, è più irritabile e quindi va trattato con
delicatezza. Ma è meglio affrontare il problema subito e non all’atto del
conto, altrimenti si rischia di essere presi da “truffatori”. Quindi si spiega
la questione all’ospite appena arrivato che, ovviamente, riferisce di aver
prenotato una doppia al prezzo (ritenuto) della doppia, mentre l’hotel spiega
di aver ricevuto la prenotazione di una doppia ma al prezzo di un’occupazione da
singola. E confrontano la rispettiva documentazione.
E
qui casca l’asino: il fax dell’hotel
indica una camera per una persona, la mail di conferma all’ospite indica una camera
“per massimo due persone”. Tutte e due arrivate da booking.com.
(il fax di prenotazione arrivato all'hotel da booking.com) |
(la mail della stessa prenotazione arrivata all'ospite) |
Si
gioca sulle parole, ma è una clamorosa scorrettezza.
Prescindendo
da quelle che potranno essere le azioni “sindacali” o legali, per combattere le
angherie del monopolista non si può che usare l’arma della democrazia della condivisione: nella fattispecie lo stesso cliente
ha compreso benissimo dove sta l’equivoco provocato dalla OTA e anzi in qualche
modo è venuto incontro all’albergatore. Ma soprattutto ha condiviso il problema
e, probabilmente, sarà nel futuro un cliente disintermediato.
Una
buona fetta di clientela che ha confidenza con gli strumenti web, infatti, è
sempre più maturo e approfondisce.
Pensiamo a quanti non solo leggono le recensioni, ma anche le risposte degli
albergatori o dei ristoratori. E così molti internauti/clienti “giocano” sul
fatto che l’albergatore paga una commissione alle OTA per spuntare prezzi più bassi
con prenotazioni dirette.
Bisogna
incanalare tale maturazione del mercato su un piano di alleanza tra hotel e clientela, così da sfruttare i booking engine
degli alberghi perché più sicuri, più diretti, più chiari, più umani…
Ma
ce l’abbiamo il booking engine sul nostro sito?
P.S.: l’albergatore della
storia di cui sopra si J
Commentate pure, meglio però se non
siete d’accordo
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