Terra Madre è una
grande rete internazionale di comunità locali del cibo e nasce
come l’evoluzione di Slow Food e della visione del suo fondatore, Carlo Petrini. Mentre Slow Food, come
associazione ha una sua istituzionalità, attraverso ruoli e forma organizzativa,
Terra Madre è un soggetto non lineare, ma fluido, dove “nessuno può dire di comandare”, dominata com’è “da un’austera anarchia, dettata dalla
fiducia negli altri, nella diversità e nella natura” (Carlo Petrini, in
Terra Madre, ed. Giunti).
E non può che essere così un
soggetto che trova fondamento nella difesa della biodiversità, della cultura e dell’economia locale e nella loro valorizzazione.
I nodi di questa rete sono, come detto,
“comunità del cibo”, appellativo con cui non si vuol individuare un’organizzazione
vera e propria, ma semplicemente un insieme di persone che condividono valori culturali e temi a difesa del cibo – quello “buono,
pulito e giusto”, naturalmente. E quindi possono essere associazioni di
produttori, villaggi, gruppi d’acquisto (perché anche i consumatori sono, in
qualche modo, co-produttori), gruppi di famiglie e quant’altro.
Per capire la filosofia di fondo
della grande rete di Terra Madre si
prenda ad esempio uno dei suoi progetti, quello dell’Arca del Gusto, rilanciato all’ultimo Salone del Gusto di Torino: è l’idea di caricare su questa
immaginaria imbarcazione prodotti che appartengono alla cultura ed alla
tradizione delle varie comunità del mondo e che rischiano l’estinzione a causa
del diluvio universale provocato da
un sistema produttivo globale che omologa e standardizza cibo e sapori. Basti pensare che nell’ultimo
secolo abbiamo perso il 70% di biodiversità; è fondamentale quindi uno
strumento, o più d’uno, che difendano i prodotti e quindi la loro storia, i
mercati locali, l’agricoltura familiare, il valore del “chilometro zero”, e
quant’altro utile a non farsi travolgere dalle multinazionali della
standardizzazione.
(Lo stand dell'Arca del Gusto al Salone 2014) |
Terra Madre è quindi una rete fisica, fatta di persone, con la
propria cultura e la propria tradizione, unite proprio da questa
(bio)diversità. E grande, se si pensa che 170 sono le comunità che si sono
incontrate quest’anno a Torino e lo fanno ogni due anni dal 2004.
E Google?
Sempre in occasione dell’ultimo
Salone, Petrini ha messo a confronto le due reti, quella fisica (Terra Madre) e
quella virtuale (Google), raccontando
l’episodio del suo incontro con Eric Schimdt (il capo dei capi di Google) a cui
ha posto tre questioni fondamentali nel rapporto tra le due entità.
Salone del gusto 2014 |
Google è una rete virtuale
straordinariamente più conosciuta di qualsiasi altra rete fisica, tuttavia non può considerarsi più importante: la
rete fisica di Terra Madre è fatta di emozioni, di cultura, di umanità e
comunque di quel calore che non è propria di quella virtuale. Sarebbe quindi un
errore considerarla più importante di quella fisica.
Nello stesso tempo, la rete fisica
farebbe errore altrettanto grande se non utilizzasse la rete virtuale per comunicare tra i propri soggetti e
verso il mondo intero, non lasciando lo spazio alle grandi multinazionali; uno strumento quindi che possono utilizzare
anche i contadini sperduti negli angoli del pianeta per confrontarsi con gli
altri e per dar forza alla rete fisica.
La rete virtuale è quindi uno
strumento al servizio dell’umanità e che va sfruttato come tale, evitando di
farci sopraffare.
In ultimo, è fondamentale stabilire
come la proprietà dei contenuti sia
della comunità e dei suoi componenti: tutto quello che passa attraverso la rete
non appartiene né a Google né a Slow Food ma alle comunità.
Condividere, quindi ma non appropriarsi.
In definitiva un bel confronto tra
due mondi apparentemente distanti, tra l’altro sviluppatisi contemporaneamente
(basti pensare che Slow Food nasce nel 1989 e Terra Madre nel 2004, in piena “era internet”), che trovano nell’economia
della condivisione il punto d’incontro.
Un confronto replicabile sempre nel
rapporto tra l’uomo, inteso come animale sociale, e internet.
Commentate pure, meglio però se non
siete d’accordo
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