Nel post successivo al BTO
dell’edizione dell’anno passato (#BTO2012), la domanda era: che ci si inventa il prossimo anno?
Tanta e tale la prospettiva verso il
futuro insita nella manifestazione,
che la domanda è legittima e ottenere una risposta stavolta non è semplice,
sempre che se ne voglia trovare una univoca. In realtà chi partecipa alla BTO
non può accontentarsi di una sola soluzione, ma deve cercare più di uno spunto
e più di un’idea per la propria attività.
A mio parere, quest’anno la risposta
(o forse l’aria che si respirava?), che comprende tutte le altre, è ottimismo. In effetti, con un inizio
battezzato da Farinetti, anche se solo in video, non poteva che essere
altrimenti, ma un ottimismo ponderato e ragionato, non la solita Italia che ha
le potenzialità ma si piange addosso.
Come? Con quali altre risposte?
Migliorare.
Possiamo farlo e/o farlo fare. I
responsabili del Comitato Regionale del Turismo parigino, ad esempio, non si
sono pianti addosso quando hanno esaminato i punti deboli della propria
destinazione turistica, e quindi il costo elevato, la scarsa qualità
dell’accoglienza nei ristoranti, la poca dimistichezza con le lingue da parte
degli operatori. Anche in Francia, infatti, un ente pubblico non ha la
possibilità di controllare e gestire tutta la filiera turistica per poter intervenire specificatamente su quei
punti deboli che influiscono sulla reputazione della destinazione. Come ha
spiegato la responsabile del comitato, sig.ra Veronique Petitpas, benché 9
turisti su 10 rimangano comunque soddisfatti del proprio soggiorno, il Comitato
è intervenuto nella sensibilizzazione
verso gli operatori con un progetto mirato “Do you speak touriste?”, fornendo
strumenti pratici di accoglienza:
una guida con una serie di schede dove vengono indicati consigli di ospitalità
in base alla nazionalità del turista. E quindi le aspettative, i tour da
consigliare, i codici culturali, gli orari dei pasti, alcune parole chiave e
dialoghi in lingua, in base all’operatore coinvolto. Il progetto ha previsto
anche dei corsi di formazione e una fase comunicativa per spiegare alla stampa
che i parigini si impegnano a migliorare la propria accoglienza.
Gastronomia
2.0.
Era nei piani seguire il percorso
del food alla BTO ed è stato ben
rappresentato in due momenti particolari. Nel day 1, all’apertura, nel panel “Reput’azione e food”, dove si è
approfondita l’importanza della comunicazione digitale per la cucina italiana
grazie alle esperienze di alcuni operatori che utilizzano gli strumenti e i concetti
del web 2.0 come ingredienti della diffusione della propria professionalità. In Italia non si è mai mangiato così bene
e così come si rispettano, esaltandoli, gli ingredienti per fare un piatto allo
stesso modo bisogna considerare gli ingredienti
di una buona comunicazione. Farlo sempre, trattando tutti allo stesso modo perché
chiunque entra in un ristorante è un potenziale blogger. Infine, comunicando la buona cucina si fa cultura.
Concetti questi espressi da un
giovane chef stellato,
Christian Costardi e, in parte ritrovati, in un altro panel, #Cool-Tour, dove Carlo
Cambi ha illustrato e dimostrato quanta cultura e quanti valori di un
territorio si sedimentano in un piatto: il
piatto non è il risultato della creatività di uno chef, ma il risultato della
sapienza che si è sedimentata nel tempo in quel territorio. E una buona
cucina può esistere laddove ci sono buoni territori e laddove vivono e vengono
condivisi buoni valori culturali. Un esempio su tutti è la vicenda del metanolo
in Italia, che devastò il mercato del vino italiano, ma che si riprese perché i produttori inserirono la
cultura nei loro vini.
Cultura.
L’enogastronomia è un linguaggio
universale della cultura di un territorio, o forse meglio sarebbe dire uno dei
linguaggi, che comunque ha la necessità di essere comunicato di più e meglio. Paradossalmente
la cultura italiana si esprime in molti linguaggi (archeologia, sistema
museale, gastronomia, artigianato, stile di vita, ecc.) ma oggi sono “fiochi”
rispetto al nuovo modo di comunicare.
Sempre nello stesso panel,
#Cool-Tour, sono stati presentati dei dati sul sistema produttivo culturale, fondamentale per l’export e per i
75,5 miliardi di valore aggiunto che produce, e sul turismo culturale,
motivazione importante per le presenze turistiche straniere. Inutile dire che
si può fare di più.
Made In
Italy.
È un marchio ancora richiesto, così
ci dice il rappresentante di Google, Diego Ciulli: cresciuto dell’8% nelle
ricerche online. Il Made in Italy è fatto per vincere sul web perché tante sono le nicchie produttive che,
affacciandosi online, possono raggiungere un mercato globale. L’Italia su
questo fronte è maledettamente indietro, come hanno anche spiegato in un panel
(E-Commerce e Travel) dove era
presente un rappresentante di ContactLab (con il loro European Digital Behaviour Study): in altri post di questo blog è
stato commentato nel passato (ad esempio nel dicembre 2012) e sembra che non ci vogliamo togliere quel digital divide rispetto alle altre
nazioni occidentali.
Google propone
però una sfida, sulla base di un loro calcolo ottimistico: se l’Italia
recuperasse il gap rispetto alla media europea, in termini di contenuti online,
il PIL aumenterebbe dell’1% con 250.000 posti di lavoro in più, solo nell’ambito
del travel.
A prescindere dai numeri, sono
importanti le azioni che propone, chiedendo una pianificazione da condividere
con gli operatori. Tre sono le basi: far emergere le eccellenze nascoste,
valorizzare i giovani come digitalizzatori, diffondere le competenze digitali
tra gli imprenditori.
Un altro messaggio di ottimismo è
stato lanciato da Paolo Iabichino che
ha aggiunto alla #cultura, altre parole facenti parte del Made in Italy, di un
brand ancora percepito positivamente all’estero, nonostante tutto: #piacere,
#emozioni, #bellezza.
La bellezza
è un diritto, ma anche un dovere
Strategia.
Per essere concreti e pratici, tanto
per parlare da operatori, abbiamo bisogno di individuare delle azioni da
programmare sotto un unico disegno strategico. Ne ha parlato Richard Wiegmann (CEO Trust International) in
uno dei più interessanti appuntamenti dell’intera manifestazione. La parte
finale del suo intervento sui Trends dell’Hospitality
Distribution ha dato una serie di spunti per una strategia adeguata, con un
approccio di tipo calcistico.
Naturalmente è necessario un gioco di squadra, che coinvolga tutti e tutto,
perché tutto deve essere contemplato: ha parlato di un approccio olistico. Il
disegno strategico deve guardare al futuro,
non solo nel breve termine, e deve essere in grado di riconfigurarsi. Anzi,
deve essere in grado di cambiare le
abitudini perché non tutto quello che si fa oggi resta sempre giusto per
domani. La strategia è un processo che deve avere come obiettivo i clienti,
perché sono i clienti che prenotano, non il canale distributivo.
Channels are not making the bookings, customers
do
E, tanto per stare nel tema dei
canali distributivi, era da non perdere il panel sull’iperintermediazione (Robi Veltroni di Officina Turistica, Marco
Baldan di Nozio e Rodolfo Baggio dell’università Bocconi), in cui è stato fatto
un punto della situazione sul quadro (o forse sarebbe meglio dire sugli
intrecci) dei vari attori sul mercato delle prenotazioni turistiche, senza
dimenticare alcune pratiche per “difendersi” dall’intermediazione delle OTA
(cui rimando volentieri alle slide).
Del panel resta però una parola
importante: coopetizione. Nel mercato
turistico è palese come la forza delle agenzie di intermediazione (booking.com
su tutte) abbiano una forza commerciale enorme rispetto alle singole strutture
turistiche, le quali sono (o sarebbero) costrette alla parità tariffaria, a
lasciare il proprio brand nelle loro mani e addirittura a non avviare contatti
col cliente intermediato. Una strada per non farsi schiacciare dai propri
intermediari è collaborare con i propri competitori (che sono gli stessi
intermediari) nello stesso scenario competitivo. Nulla è semplice nella
complessità attuale del mercato turistico ma è necessario assumere un
atteggiamento proattivo e consapevole: a stare fermi si viene
sommersi.
Un esempio in questo senso, pur
riguardante un altri settori, lo hanno dato i ragazzi protagonisti di uno degli
ultimi dibattiti (IT’s FUTURE), dimostrando come hanno concretizzato le loro
idee sgomitando tra i problemi incontrati. Uno tra tutti quello di
comuni-chiamo, un progetto (comuni-chiamo) per aiutare i comuni a gestire le
segnalazione, che può sembrar banale, ma quando si sbatte sul muro di gomma delle
pubbliche amministrazioni…
Dunque è stato un percorso le cui
tappe sono alcune parole chiave che
sono emerse dagli appunti di questi due giorni a Firenze; naturalmente ce ne sono
state delle altre, così come ci sono stati degli aspetti negativi (un po’ sotto
le aspettative alcune product presentations a cui è mancato l’effetto wow),
tuttavia la BTO resta sempre un punto di riferimento, forse l’unico, nello
scenario del turismo online.
(preso di mira da @cinowang con la sua BIC di precisione :) - così racconta) |
Commentate pure, meglio però se non
siete d’accordo
segnati il 14 gennaio
RispondiEliminaprovvedo ;)
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