lunedì 9 dicembre 2013

Google sull’Italia (non) digitale.

Due numeri hanno contribuito ad alimentare la speranza di uscire dalla crisi durante il BTO 2013 di qualche giorno fa: +1% sul PIL e +250.000 posti di lavoro sarebbero la conseguenza, in termini economici, del recupero del divario rispetto alla media europea della digitalizzazione dei contenuti in Italia, per il settore del turismo. Questo afferma Google sulla base di uno studio commissionato ad OxfordEconomics, una società di consulenza internazionale che fornisce previsioni economiche per istituzioni e aziende in espansione all’estero.
La ricerca, divisa in sette punti, assume come ambiente di riferimento il turismo in Europa e il rapporto con i contenuti in rete per poi focalizzarsi su tre paesi, Grecia, Italia e Spagna, simili per essere tra le destinazioni europee più visitate e per essere un po’ più indietro degli altri nella digitalizzazione. Insieme al Portogallo sono anche uniti nell’acronimo dispregiativo (PIGS) con cui si accomunano gli stati con situazioni finanziarie in difficoltà.

Lo scenario descritto nell’analisi è quello di un continente dove la penetrazione di internet raggiunge almeno il 60% dei nuclei familiari per ogni paese e dove normalmente i paesi con oltre l’80% della popolazione online sono i più ricchi e l’e-commerce conquista fette più ampie di mercato.
Nel settore turistico, i contenuti digitali hanno superato per importanza le fonti di informazioni di viaggio più tradizionali (cataloghi, guide, tv, giornali ecc.) e il 40% degli europei usano internet a fini di ricerca turistica, mentre meno del 25% effettua poi la prenotazione online. Vista la situazione per singoli paesi, tali percentuali possono sull’uso del web essere più o meno distanti tra loro, in base al grado di maturazione del mercato online. 



Tra l’altro proprio il gruppo di paesi, dove l’uso turistico di internet, sia per le ricerche che per le prenotazioni, è più alto, rappresenta la fonte più importante di domanda turistica internazionale per Grecia, Italia e Spagna.
Le prime due però segnalano, dal lato dell’offerta, quote in termini di fatturato e di strutture che vendono online più basse rispetto ai partner europei.



Sembra quasi che esista una proporzionalità inversa tra l’attrazione turistica e di uno stato e la digitalizzazione dei propri contenuti turistici e delle proprie aziende. Di sicuro c’è una arretratezza in termini infrastrutturali, ma ci sono anche degli ostacoli culturali da superare. La ricerca, infatti, fa riferimento ad un sondaggio sulla fiducia che gli acquirenti hanno sul mercato online e sono proprio gli stati meno digitalizzati dove si registra una fiducia abbastanza bassa (con l’eccezione di Germania e Francia). Tra l’altro una bassa fiducia che si riscontra pure nell’uso delle carte di credito (escludendo stavolta Germania e Francia).



Spostando l’attenzione sugli aspetti economici della questione, la ricerca individua il valore corrente dei contenuti online dei paesi di destinazione, per poi valutarne i possibili sviluppi. L’elaborazione inizia con la valutazione dell’importanza dei contenuti online nei principali mercati di origine (quelli che poi fanno maggior uso di internet), mappando la domanda sulle tre destinazioni considerate. Si valuta quindi che ad ogni aumento percentuale del 10% delle ricerche online sui viaggi, l’incremento della spesa media per viaggio oscillerà tra l’1 e il 2%.
I contenuti online permettono di conoscere maggiormente le destinazioni e i servizi offerti, con un impatto economico che deriva da tre motivi principali: Prima di tutto, incrementando il numero di visitatori, anche se, man mano che si presentano online più destinazioni, la gara per accaparrarsi un numero finito di turisti si fa più intensa. In secondo luogo, la maggiore conoscenza delle attrazioni può spingere i turisti a cimentarsi in più attività durante un viaggio, facendo lievitare la spesa media giornaliera. I visitatori possono anche voler arricchire la loro esperienza e spingersi a visitare destinazioni più costose. Infine, i turisti possono essere indotti a prolungare il soggiorno nelle destinazioni per intraprendere altre attività o visitare attrazioni che hanno ricercato online.

Cosa suggerisce, quindi, la ricerca:

  • gli operatori devono sviluppare la propria presenza online in più lingue come primario canale di promozione e vendita, e su più piattaforme;
  •  sviluppare i contenuti online del turismo culturale: tra l’altro, una sezione (la 4) della ricerca è dedicata al turismo culturale, alle sue motivazioni e alle ricerche sul web per questa particolare e importante area, con riferimento anche all’opportunità data dal programma della designazione della capitale europea della cultura;
  • gli enti pubblici possono collaborare con il settore privato per migliorare il contenuto turistico culturale online: anche soltanto l’incremento dei contenuti culturali online farebbe crescere dello 0,3% il Pil in Italia con 75.000 nuovi posti di lavoro;
  •  utilizzo dei social media e stimolo ai clienti a fornire commenti e suggerimenti, ed anche sui social la ricerca offre qualche numero interessante: il 52% degli utenti su Facebook ha dichiarato che vedere foto delle vacanze di amici li ha invogliati a prenotare un viaggio per la stessa destinazione e il 34% dei viaggiatori europei afferma di essere influenzato nelle decisioni di viaggio dall’opinione di persone conosciute ‘solo’ in rete.


Difficile dire se queste previsioni possono indovinarci in termini di aumento dei posti di lavoro, ma di sicuro il canale web, nelle varie piattaforme possibili, non è più un fenomeno nuovo, è un mercato aperto e globale che facilita in modo impressionante il contatto tra domanda e offerta. E diventa lapalissiano che laddove non si è sviluppato completamente, può contribuire allo sviluppo del mercato con conseguenze economiche positive. All’Italia e agli italiani serve uno scatto culturale in avanti (e di apertura mentale) per potercisi buttare.



La ricerca completa la potete trovare qui.
E quello che ha intenzione di fare Google Italia a riguardo nel post precedente (Made In Italy).



Commentate pure, meglio però se non siete d’accordo

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