Due numeri hanno contribuito ad
alimentare la speranza di uscire dalla crisi durante il BTO 2013 di qualche
giorno fa: +1% sul PIL e +250.000 posti di lavoro sarebbero la conseguenza, in
termini economici, del recupero del divario rispetto alla media europea della digitalizzazione dei contenuti in
Italia, per il settore del turismo.
Questo afferma Google sulla base di uno studio commissionato ad OxfordEconomics, una società di consulenza internazionale che fornisce previsioni
economiche per istituzioni e aziende in espansione all’estero.
La ricerca, divisa in sette punti,
assume come ambiente di riferimento il turismo in Europa e il rapporto con i
contenuti in rete per poi focalizzarsi su tre paesi, Grecia, Italia e Spagna,
simili per essere tra le destinazioni europee più visitate e per essere un po’ più indietro degli altri nella
digitalizzazione. Insieme al Portogallo sono anche uniti nell’acronimo
dispregiativo (PIGS) con cui si accomunano gli stati con situazioni finanziarie
in difficoltà.
Lo scenario descritto nell’analisi è
quello di un continente dove la penetrazione di internet raggiunge almeno il 60% dei nuclei familiari per ogni paese
e dove normalmente i paesi con oltre l’80% della popolazione online sono i più ricchi e l’e-commerce conquista fette
più ampie di mercato.
Nel settore turistico, i contenuti
digitali hanno superato per importanza le fonti di informazioni di viaggio più
tradizionali (cataloghi, guide, tv, giornali ecc.) e il 40% degli europei usano
internet a fini di ricerca turistica, mentre meno del 25% effettua poi la
prenotazione online. Vista la situazione per singoli paesi, tali percentuali
possono sull’uso del web essere più o meno distanti tra loro, in base al grado
di maturazione del mercato online.
Tra l’altro proprio il gruppo di paesi, dove
l’uso turistico di internet, sia per
le ricerche che per le prenotazioni, è più alto, rappresenta la fonte più
importante di domanda turistica internazionale per Grecia, Italia e Spagna.
Le prime due però segnalano, dal
lato dell’offerta, quote in termini di fatturato e di strutture che vendono
online più basse rispetto ai partner europei.
Sembra quasi che esista una
proporzionalità inversa tra l’attrazione turistica e di uno stato e la
digitalizzazione dei propri contenuti turistici e delle proprie aziende. Di
sicuro c’è una arretratezza in termini infrastrutturali, ma ci sono anche degli
ostacoli culturali da superare. La ricerca, infatti, fa riferimento ad un
sondaggio sulla fiducia che gli
acquirenti hanno sul mercato online e sono proprio gli stati meno digitalizzati
dove si registra una fiducia abbastanza bassa (con l’eccezione di Germania e Francia).
Tra l’altro una bassa fiducia che si riscontra pure nell’uso delle carte di
credito (escludendo stavolta Germania e Francia).
Spostando l’attenzione sugli aspetti economici della questione, la ricerca
individua il valore corrente dei contenuti online dei paesi di destinazione,
per poi valutarne i possibili sviluppi. L’elaborazione inizia con la
valutazione dell’importanza dei contenuti online nei principali mercati di
origine (quelli che poi fanno maggior uso di internet), mappando la domanda
sulle tre destinazioni considerate. Si valuta quindi che ad ogni aumento
percentuale del 10% delle ricerche online sui viaggi, l’incremento della spesa
media per viaggio oscillerà tra l’1 e il 2%.
I contenuti online permettono di
conoscere maggiormente le destinazioni e i servizi offerti, con un impatto
economico che deriva da tre motivi principali: Prima di tutto, incrementando il numero di visitatori, anche se, man
mano che si presentano online più destinazioni, la gara per accaparrarsi un
numero finito di turisti si fa più intensa. In secondo luogo, la maggiore
conoscenza delle attrazioni può spingere i turisti a cimentarsi in più attività
durante un viaggio, facendo lievitare la spesa media giornaliera. I visitatori
possono anche voler arricchire la loro esperienza e spingersi a visitare destinazioni
più costose. Infine, i turisti possono essere indotti a prolungare il soggiorno
nelle destinazioni per intraprendere altre attività o visitare attrazioni che
hanno ricercato online.
Cosa suggerisce, quindi, la ricerca:
- gli operatori devono sviluppare la propria presenza online in più lingue come primario canale di promozione e vendita, e su più piattaforme;
- sviluppare i contenuti online del turismo culturale: tra l’altro, una sezione (la 4) della ricerca è dedicata al turismo culturale, alle sue motivazioni e alle ricerche sul web per questa particolare e importante area, con riferimento anche all’opportunità data dal programma della designazione della capitale europea della cultura;
- gli enti pubblici possono collaborare con il settore privato per migliorare il contenuto turistico culturale online: anche soltanto l’incremento dei contenuti culturali online farebbe crescere dello 0,3% il Pil in Italia con 75.000 nuovi posti di lavoro;
- utilizzo dei social media e stimolo ai clienti a fornire commenti e suggerimenti, ed anche sui social la ricerca offre qualche numero interessante: il 52% degli utenti su Facebook ha dichiarato che vedere foto delle vacanze di amici li ha invogliati a prenotare un viaggio per la stessa destinazione e il 34% dei viaggiatori europei afferma di essere influenzato nelle decisioni di viaggio dall’opinione di persone conosciute ‘solo’ in rete.
Difficile dire se queste previsioni
possono indovinarci in termini di aumento dei posti di lavoro, ma di sicuro il
canale web, nelle varie piattaforme possibili, non è più un fenomeno nuovo, è
un mercato aperto e globale che facilita in modo impressionante il contatto tra
domanda e offerta. E diventa lapalissiano che laddove non si è sviluppato
completamente, può contribuire allo sviluppo del mercato con conseguenze
economiche positive. All’Italia e agli italiani serve uno scatto culturale in avanti (e di apertura mentale) per potercisi
buttare.
La ricerca completa la potete
trovare qui.
E quello che ha intenzione di fare
Google Italia a riguardo nel post precedente (Made In Italy).
Commentate pure, meglio però se non
siete d’accordo
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