Prendi un po’
di innovazione tecnologica, la metti nel pentolone dell’esperienza turistica
con una visione al futuro di design, ne permetti la personalizzazione e l’arricchisci con
un po’ di gadget semplici da usare ed ecco il risultato:
giovedì 31 gennaio 2013
sabato 26 gennaio 2013
Un piano che...è tutto un programma
La parola “crisi”
e i segni negativi ci hanno
accompagnato per tutto il 2012 e chissà per quanto ancora ne avremmo. Uno tra
tanti è l’ultimo Job In Tourism (n. 2 del 24 gennaio) che ci propone il
consuntivo statistico del 2012 sull’occupazione nazionale delle camere divisi
per tipologia ricettiva e per aree, dove prevalgono abbondantemente i segni “meno”.
Quasi a
voler riproporre il vecchio adagio
che “non tutto il male vien per nuocere”, un altro tormentone del 2012 è stato
il concetto che la crisi è un’opportunità per cambiare e per trovare nuovi
stimoli, portando spessissimo come esempio una famosa nota di Einstein,
riproposta anche su questo blog, a dicembre 2011.
A riprova di
questo, dalla crisi italiana (non solo economica, ma anche politica)
recentemente è stato partorita una
nuova idea per il turismo, il “Piano Strategico per lo Sviluppo del Turismo in
Italia” presentato al consiglio dei ministri il 18 gennaio scorso.
Che c’era
aria di novità sul tema del turismo tra le istituzioni nazionali, se n’era
avuto sentore già al BTO 2012, con il neo direttore dell’Enit, Andrea Babbi,
presente solo per ascoltare, oppure
con la conferenza stampa di dicembre in cui si presentava il nuovo Enit (e quindi la bozza di Piano sul
Turismo) che andava (udite, udite!) su Twitter (#nuovoEnit2013, vedi anche Turismo e Finanza). Nella stessa
conferenza si annunciava anche la nuova versione di Italia.it (alleluia, alleluia!), graficamente più apprezzabile,
meglio navigabile e aperta ai social.
Il Piano
Strategico, “Turismo Italia 2020”,
evidentemente è il risultato finale del percorso istituzionale del ministro
tecnico che lascia una eredità tutta da sfruttare al prossimo governo.
Difficile dare
un giudizio sul piano, soprattutto
perché non si può confrontare con altri - per certi versi già questo è un
aspetto positivo. Come scrive il ministro Gnudi in premessa: “Condizione indispensabile per un rilancio del settore è un radicale
cambiamento nell’approccio ai problemi del turismo, che nessun Governo ha mai
messo al centro della propria agenda. Il turismo non è mai stato considerato
come un investimento su cui puntare per lo sviluppo del Paese. Un esempio per
tutti: nei vari piani per la crescita del Mezzogiorno varati dai governi, il
turismo non ha mai avuto un ruolo rilevante.”
Il turismo in Italia (col suo 9% di
produzione rispetto al PIL, i suoi 2,2 milioni di addetti, col suo immenso
patrimonio culturale e ambientale) è un po’ come quello studente che ha grandi potenzialità ma studia poco e si
accontenta della sufficienza.
A riprova di
questa “svogliatezza” ci sono
arrivati anche i risultati del Country Brand Index 2012, dove la reputazione
del paese Italia in termini di turismo, food, arte e cultura risulta prima, ma
scende al 15° posto quando si fa la classifica della reputazione generale. Ma soprattutto non riesce a stare al passo
dei paesi concorrenti nella spartizione del mercato turistico, come indicato
nell’analisi dello stesso Piano Strategico:
“negli ultimi anni il settore turistico
italiano ha perso quota di mercato a livello mondiale: dalla prima posizione
occupata a livello europeo all’inizio degli anni Ottanta e ancora verso la metà
degli anni Novanta, oggi è soltanto terzo (dietro a Spagna e Francia). Una
certa diminuzione della quota di mercato è da considerarsi fisiologica, specie
in relazione alla crescita dei mercati extraeuropei, ma nel caso dell’Italia
questo calo è stato superiore a quelli dei competitor diretti”. Il sistema turistico italiano perde terreno in
diversi ambiti, ma salta all’occhio che veniamo superati anche nel segmento del
turismo religioso in Europa (un
volume di affari intorno al 7,5 miliardi di euro) dove l’Italia detiene il 30%
del mercato, ma in seconda posizione, superata dalla Francia: Lourdes batte il
Papa, 1-0!
Comunque già
aver definito un percorso con degli
obiettivi precisi per recuperare le posizioni nel mercato turistico mondiale, è
un grande passo in avanti per il
nostro governo. Tuttavia, senza entrare nei dettagli, altre due cose mi hanno
colpito di questo documento.
Nella
semplice e logica metodologia adottata (analisi del mercato, individuazione
delle criticità e azioni di intervento), l’individuazione dei problemi e delle
soluzioni che attanagliano il nostro sistema turistico possono rappresentare una notevole parte di programma di governo per qualsiasi
coalizione si candidi a governare l’Italia. Del resto si vota a fine febbraio e
quale migliore occasione è avere in mano questo documento.
Il turismo è
materia trasversale, interessa
tantissimi ambiti e quindi quando (da pagina 29 a 35) il piano tocca ad esempio i temi dei
trasporti e delle infrastrutture elencandone le debolezze, oppure la bassa
propensione degli investitori esteri, oppure la necessità di sburocratizzare, affronta
contestualmente problematiche che interessano tutto il sistema-Italia. E
migliorare la qualità della vita dei propri abitanti, significa migliorare
anche l’ospitalità dei turisti.
La seconda
cosa che mi ha colpito e che, in qualche modo, vuole rappresentare l’aspetto “fattivo”
del piano è una frase: “far accadere le
cose”. Questa brutta espressione viene usata solo tre volte, ma è il
segnale, insieme alla metodologia adottata, di come ci si preoccupi che, alla
fine di questa nuova architettura che
si offre all’organizzazione del turismo in Italia, ci sia poi qualcuno che le
metta in pratica. Vengono infatti
definite 61 azioni concrete distinte
per area critica di intervento, per tempi di realizzazione e per valore
economico, che hanno lo scopo di costruire una ad una lo sviluppo del sistema
turistico di qui al 2020. Nel riepilogo finale si fa anche una sorta di cronoprogramma di tutte le azioni.
Viene quindi
disegnata una strada che va naturalmente monitorata
(lo stesso piano propone un aggiornamento ogni due anni), ma si propone dei
risultati, forte del fatto che ogni singola azione possa anche da sola dare i
propri frutti. Sembra quasi voler
dire: “dalle parole ai fatti”.
Riusciranno i nostri eroi…..?
Commentate pure, meglio però se non
siete d’accordo
giovedì 10 gennaio 2013
Mc Donald's job
Non amo Mc
Donald perché non amo i suoi prodotti, ma l’ultima campagna promozionale va
in una nuova/giusta direzione. Anche se
continuerò a non mangiare da loro J (de gustibus).
Nello spot e
nelle campagne sui giornali lanciano una serie di messaggi, che non riguardano il prodotto o il servizio ma la
capacità dell’azienda di offrire in modo solido lavoro: 16.000 dipendenti in
450 ristoranti, di cui il 90% a tempo indeterminato, pagati puntualmente tutti
i mesi. Aggiungiamo le opportunità
(carriera e lavorare per pagarsi gli
studi), i doveri proposti in positivo
(si lavora sodo, turni festivi e notturni)
e la fiducia nel paese (…nell’Italia ci crede) e nel futuro (nuovi 3.000 posti di lavoro nei prossimi 3
anni).
Sembra quasi
uno spot elettorale, ma il clima in
cui viene lanciato non è quello della prossima scadenza politica, ma quello in
cui la crisi ha fatto sentire i suoi
aspetti più negativi proprio in tema di (dis-)occupazione.
E’ chiaro
che l’obiettivo di marketing è quello di migliorare la brand reputation affrontando un tema sociale e, nonostante l’attacco dei sindacati in tema di
contrattazione, il messaggio di fondo
resiste, anche perché l’azienda dimostra di dare il proprio contributo alla comunità. E in maniera, per certi versi, onesta (si lavora sodo).
Sulla pagina
di Mc Donald's Italia di Facebook si è aperta una discussione, nel momento in cui
è stato postato il video (30 dicembre), ricevendo ad ora (momento di pubblicazione del presente post) 217 “mi piace” e una
ventina di commenti dove le critiche (limiti d’età sull’assunzione ad esempio) vengono
smentite da altri fan (e non dall’azienda).
In un’altra
conversazione stimolata dal quotidiano il Tirreno (sempre su Facebook, il 9 gennaio scorso), in
particolare sul fatto che “pagano
puntualmente” (“come se un fornaio
specificasse che il pane è commestibile”, questo il testo della redazione),
i giudizi a favore di Mc Donald's prevalgono
soprattutto perché – come dice un utente - “E'
triste che si debba precisare una cosa ovvia. E' un'affermazione figlia di
questo periodo di crisi...”. Molti, anzi se la prendono con i sindacati che hanno attaccato l’azienda.
E più o meno le stesse reazioni sul sito del giornale.
Di taglio
diverso i commenti su Youtube, dove prevalgono gli attacchi all’azienda in
quanto multinazionale o a Salvatores (il regista) per essersi “sottomesso”.
Saranno poi
i numeri, in termini di fatturato, a dire se la campagna marketing ha funzionato o meno e se ha centrato le aspettative del
colosso multinazionale, ma di sicuro ha toccato
una corda in un periodo storico particolarmente sensibile e lo ha fatto, naturalmente, con una
visione positiva. E poi non dimentichiamoci
quanto Kotler ha detto: nel
marketing 3.0 il messaggio che le aziende dovranno dare è che "siamo
anche interessati al tuo benessere e a quello della società, quindi vogliamo
dimostrare che ci interessa altro, oltre che offrire un buon servizio al
consumatore".
Commentate pure, meglio però se non
siete d’accordo
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mercoledì 9 gennaio 2013
Dalla Maremma Green al Maremma Grid
In questo titolo (rubato ad un amico in una
conversazione attovagliata) sta tutto
il futuro della Maremma, e comunque
le opportunità da cogliere affinché la luce in fondo al tunnel sia davvero la
via d’uscita dalla crisi…e non il treno che ci sta per travolgere
definitivamente.
Anche se il web e twitter ci insegnano ad essere
sintetici, non basta certo un titolo a mo’ di slogan per rendere l’idea e
soprattutto il significato di due settori
che trovano nelle risorse ambientali il
proprio “capitale”: la Green Economy e il turismo.
E di entrambi i temi, proiettati al futuro, se ne
parla nel blog Web Innovation Maremma,
“una piazza virtuale, un luogo per
incontrarsi, entrare in relazione, discutere, condividere e proporre . Il luogo
adeguato per crescere partecipando attivamente.”, del più ampio progetto Necstour
della Provincia di Grosseto.
Della Green
Economy ho trattato personalmente, quasi per caso, in un post dove ho cercato
di riprendere l’esempio del modello di sviluppo del distretto rurale, per mettere a sistema un regime, appunto, di
Green Economy maremmana. Perché se è vero che l’economia della nostra provincia
ha tanti esempi di azioni (pubbliche e private) eco-sostenibili, allora si
potrebbe attuare un modello di governance comune in tutto il territorio secondo principi di sostenibilità ambientale.
“La Maremma per
le caratteristiche ambientali e paesaggistiche che possiede già di base può
potenzialmente diventare un laboratorio/esempio dove la Green Economy diventi
il nuovo approccio di sviluppo. Un’area da prendere a modello dove lo sviluppo
e la tutela delle risorse ambientali vanno a braccetto, ma anche come possibile
banco di prova per iniziative di innovazione in questo campo e come incubatore
di start-up nella Green Economy.”
E poi c’è la
Grid Economy, un termine che non
credo esista da nessuna parte(1), ma che ci è utile per coniare lo slogan. Grid
significa rete e in questo senso vogliamo considerare un’economia che si basa
sulla rete sociale dei rapporti umani, e
quindi il turismo per quello che ci riguarda, che mai come nell’era
del web 2.0 trova nei social network la sua linfa vitale. Su quest’ultima
considerazione e sulla necessità continua di aggiornamento professionale degli
operatori che nasce il Progetto SocialFront Office Maremma, “un percorso
formativo che si articola su lezioni che vanno dall'utilizzo dei
social network più conosciuti come Facebook e Twitter, all'importanza delle
immagini on line con Pinterest, Flickr e Youtube e alla geo-localizzazione con
Foursquare”.
Un progetto
dell’amministrazione provinciale di Grosseto che “ha destinato 100mila euro del Fondo Sociale Europeo per offrire gratuitamente
un corso di formazione a 350 imprenditori e operatori turistici
della Maremma per imparare ad utilizzare gli "strumenti" del
Web, necessari per affrontare le sfide del nuovo millennio.”
Partirà a febbraio prossimo e ulteriori
info per iscriversi possono trovarsi qui.
Green e Grid, come due processi intrecciati, che delineano il percorso dello sviluppo socio-economico del nostro territorio. Ma...ambiente,
sostenibilità, social network, rete, turismo: possono bastare questi gli ingredienti da mettere nel pentolone dell’innovazione per trovare
la ricetta anti-crisi?
Commentate pure, meglio però se non
siete d’accordo
nota (1): in realtà il termine Grid Economy è stato già usato a proposito (guarda caso!) di Green Economy e terza rivoluzione industriale in un articolo di Ambient&ambienti, di cui segnalo la lettura.
nota (1): in realtà il termine Grid Economy è stato già usato a proposito (guarda caso!) di Green Economy e terza rivoluzione industriale in un articolo di Ambient&ambienti, di cui segnalo la lettura.
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