lunedì 27 gennaio 2014

I numeri positivi del turismo in Maremma Toscana

Sono stati resi noti i dati statistici sui flussi turistici arrivati in Provincia di Grosseto nel 2013, raffrontati con quelli del 2012.
Mi perdoneranno negli uffici provinciali se ho aggiunto ai dati forniti e pubblicati un paio di elaborazioni tanto per approfondire le considerazioni sui risultati del nostro turismo nell’anno appena conclusosi.






Nel complesso con un +3,39% di arrivi e un +6,65% di presenze, non c’è da lamentarsi: quasi 5,7 milioni di presenze, con un aumento di più di 350.000 rispetto al 2012.
Queste variazioni col segno positivo sono spinte soprattutto dai flussi esteri: gli stranieri infatti hanno soggiornato in Maremma molto di più rispetto all’anno precedente (+14,79%) e anche le presenze nazionali non sfigurano (+3,49%).



Il report dell’amministrazione provinciale fa poi la distinzione tra le tipologie di strutture, alberghiere (hotel e RTA) ed extralberghiere (affittacamere, campeggi, case per vacanze, agriturismi, ecc.). Di quelle 350.000 presenze in più sono stati gli hotel a conquistarne più della metà (+189.449 contro +163.848), rosicchiando così un 1,5% del mercato turistico maremmano (dal 29,42% al 30,93%).
Sono quindi le strutture alberghiere a registrare le migliori performance: sempre in termini di presenze infatti l’aumento è stato del 12,11% rispetto al 2012, con gli italiani ad un +6,42% e gli stranieri addirittura un +27,54%. E’ in questa parte dell’analisi che emerge il primo segno negativo, quello degli arrivi degli italiani (-1,53%).
Altri segni meno si scorgono in alcune colonne riguardanti arrivi e presenze mensili, sia nelle distinzione tra nazionalità che tra tipologia di strutture ospitanti, in mesi come aprile (quasi sempre), maggio, giugno (raramente) e dicembre.

Isola del Giglio
Sempre ponendo l’attenzione sulle rilevazioni mensili, ci sono da notare due situazioni anomale: la prima riguarda i primi tre mesi dell’anno delle presenze straniere (sia hotel che extra), dove si tocca addirittura un +289,99% registrato a febbraio 2013 nella ricettività extralberghiera, mentre a novembre leggiamo di un -28,97%. Tutto questo “sballa” anche le permanenze medie di quei mesi, sia in termini assoluti (a febbraio 2013 sezione strutture extra si arriva 30,92 giorni e - giuro - in Maremma abbiamo lo stesso calendario del resto d’Italia!) che relativi (le permanenze - sezione strutture extra - di novembre passano da 19,34 giorni nel ’12 a 10,84 giorni nel ’13).
Ora, posto il fatto che quando ci troviamo di fronte a numeri bassi basta poco per avere differenze percentuali altine o che i lavori all’isola del Giglio (Concordia) possono aver creato flussi di viaggiatori diversi dal solito, evidentemente qualche errore di rilevamento c’è. Speriamo non siano troppi, ma concentriamoci sulle tendenze, più che sui numeri nudi e crudi.

I giorni di permanenza media sono in aumento: da 5,30 giorni a 5,47, grazie ancora alla scelta alberghiera dei nostri ospiti. Mentre chi ha pernottato in un hotel maremmano ha incrementato la vacanza (da 3,68 a 4,09), chi preferisce campeggi o agriturismi ha diminuito seppur di poco il periodo (da 6,49 a 6,45).
Da un anno all’altro cambia poco quello che è il cruccio di tutti gli amministratori (pubblici, ma direi anche privati): la stagionalità. Nelle ultime colonne delle tabelle ho aggiunto un paio di percentuali, relative alle presenze divise tra l’”estate”, e cioè i quattro mesi da giugno a settembre, e il “resto” dell’anno. L’85,92% delle presenze turistiche che arrivano in maremma scelgono i mesi estivi; l’86,17% nel 2012. Chi destagionalizza di più sono gli hotel che nei mesi non estivi raccolgono il 29,77%, in particolare con il turismo internazionale (31,85%).

Porto Ercole
Dopo tutta questa “sparata” di numeri e statistiche, la considerazione più lampante è quella che tutti gli indici considerati provano che il turismo in arrivo da fuori dei confini nazionali è sempre più importante ed ha quindi bisogno nel futuro di consolidarsi. Se si vuol approfittare di questa onda positiva, il comparto ha necessità di preparare il terreno per “nuove” nazionalità e per offrire più servizi e di maggiore qualità. Non sono disponibili dati più specifici, ma ci basti sapere che “tedeschi, svizzeri, francesi e olandesi gli stranieri più innamorati del nostro territorio, mentre i russi registrano la percentuale più alta di crescita”. L’ospite che accoglieremo parlerà sempre più straniero, soggiornerà anche 4 o 5 notti e vorrà usufruire di maggiori servizi, anche in periodi di bassa stagione.

Il territorio c’è, ha anche una buona reputazione (ricordiamoci del Maremma Brand Index), tanto da conquistarsi qualche medaglia (vedi l’articolo del Guardian, piuttosto che la “promozione” di Terme di Saturnia su LonelyPlanet e l’entrata nella lista dei Borghi più belli d’Italia di Porto Ercole), ma c’è da ricordarsi dei fondamentali dell’accoglienza,..... rimandando ad un prossimo post circa le nostre contraddizioni da superare.
  


Commentate pure, meglio però se non siete d’accordo

venerdì 24 gennaio 2014

Il valore delle recensioni, il valore dell’ospitalità.

Esperti, studi, ricerche di mercato ci dicono che le recensioni hanno un valore in termini economici, perché stare nelle posizioni alte delle classifiche offre una maggiore visibilità e garanzia agli occhi dei potenziali acquirenti, e quindi maggior fatturato.
Il concetto in premessa vale per tutte le tipologie di prodotto ed ha una rilevanza molto sentita nel mercato turistico perché, se ci mettiamo dalla parte del cliente, è difficile valutare un servizio soltanto dalle foto di un sito-vetrina (vedi in proposito “Scelta dell’hotel: i fattori che impattano di più sono recensioni e prezzo” su Booking Blog). Il cuore delle attività di
servizio è dato dai vari addetti e dal calore umano che essi trasmettono, la cosiddetta parte immateriale che diventa fondamentale nei commenti e giudizi che si vanno poi a leggere per la scelta di un hotel o di un ristorante. Si leggono recensioni di utenti sconosciuti per avere una fonte indipendente da cui attingere informazioni per percepire la qualità del servizio offerto, che quindi rapportata al prezzo ne determina la scelta, in senso positivo o negativo.
E’ chiaro che un servizio dagli alti standard di qualità, avvertita sia dagli aspetti concreti e visibili sia da quelli immateriali riconducibili, ad esempio, dai giudizi, offerto ad un prezzo ritenuto congruo o basso fa accendere nella testa di tutti la lampadina della convenienza.

Ma quando ci si imbatte nel caso contrario?
Mi è capitato di recensire (vedi immagine sotto) un hotel dove ho soggiornato una notte ad un prezzo davvero ridicolo: € 19,00 per una doppia uso singola, comprensivo di colazione. Avessi preso la singola sarebbe costato € 14,00. Ho poi verificato che normalmente il prezzo è € 25,00, in alta stagione € 35,00. Tra l’altro era una periodo di fiera, quindi ci si doveva aspettare un prezzo quantomeno non ribassato, ma evidentemente  l’estremizzazione delle teorie del revenue management oppure la paura della camera vuota ha provocato un ribassamento della tariffa. In effetti però l’hotel non era neanche al 50% dell’occupazione, così a occhio.



Perché il massimo dei voti?
La prima considerazione da cui partire è quella del prezzo: in quelle € 19,00 ci va compresa l’Iva e le altre tasse e imposte, la commissione dell’OTA (è stata infatti prenotata su un portale di prenotazione, non da me),  i costi diretti della biancheria, delle pulizie, dell’energia (poca), della colazione (pure se scarsa, ma comunque il minimo indispensabile). Nel conto economico dell’hotel molto probabilmente non vanno considerati ammortamenti di alcun bene (talmente tutto datato…e senza tv) e davvero limitati i materiali di consumo. Ne consegue un margine basso (ma possibile) per la proprietaria (che probabilmente era anche l’unica risorsa umana presente, ed ecco perché non computo il costo del personale).

Sul lato della qualità dell’accoglienza, la cortesia e la simpatia della proprietaria  rappresentano la parte immateriale e positiva, mentre la struttura, pulita ma datata, con il minimo indispensabile di servizio e una location rumorosa (strada e ferrovia),  formano la parte materiale e, se non negativa, col giudizio meno favorevole.
Tuttavia ad una qualità per niente eccelsa è corrisposto un prezzo basso, direi il minimo indispensabile per “noleggiare” un posto letto; ne deriva quindi un rapporto qualità/prezzo giusto e che soprattutto non dà e non deve dare aspettative. Il valore effettivo del servizio si è tradotto nel prezzo, ed è per questo che la votazione è stata la massima possibile.

Il prezzo non è solo ciò che spiega in numeri e in moneta il valore di scambio nel mercato, ma, in termini più generali e senza voler disturbare alcuna teoria economica, il valore intrinseco del servizio, quindi quanto ci soddisfa rispetto alle aspettative che riponiamo in quel soggiorno. E quindi non solo la somma di costi, diretti o indiretti, rapportati all’erogazione del prodotto turistico, e di profitto, ma anche il sito (fisico, non web) dell’hotel, la rete interna delle persone addette e la loro umanità, il territorio intorno alla struttura, l’ospitalità della comunità che vive in quella destinazione, la storia di quanti hanno “fatto” quella particolare accoglienza; non vuol essere una visione romantica, ma il valore di un servizio di ospitalità non può essere solo considerato in termini economici.

In questa visione e ribaltando la questione, un prezzo troppo basso per una qualità, talvolta solo apparentemente, alta può essere conveniente per chi ne usufruisce ma si può umiliare il valore reale dell’ospitalità.
Purtroppo la crisi economica, oltre che far circolare meno soldi e aumentare le povertà, è degenerata in una crisi di valori e di valore; ha creato una concorrenza più agguerrita e una lotta al prezzo più basso, o allo sconto più alto, corrotta anche da teorie di revenue management troppo spinte che drogano il mercato. E questa è una situazione a forte rischio: quello di veder fallire strutture che non riescono a star dietro all’abbassamento delle tariffe e quello di vedere vincere quelle che mettono in mostra l’apparenza più bella (a poco prezzo) ma senza contenuti e quindi senza valore.


Serve restituire il giusto valore alle cose. Come a volte sento dire con accezioni di provincia “paghi poco, godi poco”, allora allo stesso modo per godere tanto, si paghi pure tanto!



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sabato 18 gennaio 2014

Uno sguardo sul mondo, il World Travel Trends Report 13/14.

Il World Travel Trends Report 2013/2014 è stato elaborato dalla IPKInternational per conto della ITB Berlin e offre un panorama d’insieme sulle tendenze dei viaggi all’estero dei continenti, basandosi sui dati dei primi 8 mesi del 2013 e sulle previsioni sia del 2013 che del 2014, oltre a porre l’attenzione anche su settori più specifici.

Il primi due dati che si possono mettere a fuoco sono la crescita dei viaggi internazionali valutati per il 2013 al 4% e per l’anno appena iniziato ad un migliore 4/5%, una tendenza superiore rispetto all’incremento del Pil mondiale, previsto dalla Banca Mondiale rispettivamente al +2,4% e al +3,2%. 


E’ ovvio che gli incrementi maggiori arrivano dai nuovi turisti dei paesi che si stanno sviluppando economicamente a ritmi maggiori, vedi Cina e Brasile , mentre i paesi occidentali (Europa e Nord America) più maturi mantengono una crescita meno elevata ma rappresentano ancora la fetta di mercato più importante.




Interessante la tendenza stimata dei segmenti di mercato del turismo leisure (che tra l’altro è aumentata del 25% contro il 16% del business): dal 2009 segna un +47% il settore delle “città”, mentre le cosiddette “touring holidays” un +27%; il “mare”, che resta la fetta più importante in valore assoluto, sale del 12%, mentre la “campagna” addirittura cala del 10%.


Soffermandoci sul nostro vecchio continente europeo, che ha sofferto non poco di turbolenze economiche negli ultimi due anni, si registra comunque un segno positivo per i viaggi internazionali del 2,5% per il 2013, con performance diverse tra stato e stato: dal +12% della Russia al -5% dell’Italia (indovina?!). Restando ai dati di consuntivo sono diminuiti i pernottamenti medi dei soggiorni del 2% (7,9 notti), così come la spesa per viaggio (-1% attestandosi a € 904). Insomma il turista europeo viaggia ancora nonostante la crisi ma sacrificando un po’ la permanenza. E questo varrà anche per il 2014 visto che da una parte sono aumentati gli europei che cambieranno i propri programmi di viaggi per le difficili condizioni economiche (38% contro il 36% dell’anno passato), mentre diminuiscono coloro che non andranno all’estero in vacanza (9% contro l’11%).
Anche nelle previsioni di viaggio internazionale per il 2014, l’Italia segna un ulteriore declino (vedi grafico sotto).


Il report apre poi delle finestre su argomenti più specifici, come le tendenze dei giovani viaggiatori, aperti a viaggiare di più, spendere di più e esplorare nuove mete. Insomma, secondo diversi studi, il giovane viaggiatore non va più immaginato come obbligatoriamente quello a basso costo, tanto che il costo medio di un viaggio si aggirerebbe sui US$910. I mezzi low cost come autobus e treno restano la principale forma di trasporto scelta, ma l’uso dell’aereo è aumentato tantissimo negli ultimi anni. Allo stesso modo la scelta dell’hotel, che si divide il mercato con gli ostelli e gli alloggi privati.
Probabilmente se si fosse approfondito anche questo tema sui singoli paesi, considerati i livelli di disoccupazione giovanile in Italia…..

Is “Sleep Cheap” the next mega-trend? Anche il tema del low cost viene affrontato nel Report. Se negli ultimi 4 anni si è arrivati a calcolare 7,5 miliardi di pernottamenti (un incremento del 16%), chi ha segnato l’incremento maggiore sono proprio gli alloggi privati e alternativi con il 31% e quelli di lusso col 19%. Insomma la testa e la coda di una scala immaginaria del valore economico del pernottamento.
Prevale però l’attenzione sulle forme di alloggio alternative e dal basso budget, sa perché permettono lunghezze di viaggio superiori sia per una esperienza di ospitalità più vera e più a contatto con il territorio e la gente della destinazione turistica scelta.


Non si può infine non parlare di internet, ma l’attenzione è sul mobile. Il canali di prenotazione online rappresenta nel 2013 il 65% del mercato, con un aumento del 10%, e la previsione nel prossimo futuro è il raggiungimento di quota 70%.
L’utilizzo degli smartphone, come metodo di booking, è ancora basso: 2%. Vale ancora il fatto che l’uso di smartphone e tablet è più orientato alla ricerca di informazioni (acquisite sulle varie piattaforme, comprendendo quindi anche i social media) e meno alla definizione della decisione finale, salvo le scelte last minute.



Ma su quali prospettive si aprono sul mercato online, il Report non offre previsioni.

Per ulteriori approfondimenti, scaricatelo pure da qui.

e se vogliamo un sottofondo musicale...




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domenica 5 gennaio 2014

Guardian che Maremma!

Ancora non ci sono disponibili i numeri statistici a dirci obiettivamente com’è andato l’anno appena passato per l’offerta turistica maremmana, ma i primi giorni del 2014 ci portano buone nuove.
Tra i 40 consigli per le vacanze del Guardian, infatti, l’unica meta italiana è proprio la Maremma.
L’importante apprezzamento arriva il 3 gennaio nell’articolo “Holiday hotspots: where to go in 2014” nell’edizione inglese del giornale.
In mezzo tra mete turistiche già mature o altre meno conosciute al grande pubblico, tra intere nazioni (come il Brasile o Cuba) o piccoli centri (come Umeå in Svezia o Dyess in Arkansas, USA), sotto l’immagine di Sorano trova il proprio spazio questa “ultima frontiera della Toscana, una zona tranquilla del selvaggio e protetto litorale che va da Capalbio fino a Cecina”.

Come si vede dallo screenshot “rubato” al sito ufficiale del magazine inglese, l’autore fa riferimento più ai valori economici di alcune strutture prestigiose che non ai valori paesaggistici e naturali del territorio. Tuttavia, l’importante è che se ne parli e che anche certi brand più fashion possano fare da traino all’economia turistica della provincia grossetana.
L’attenzione del Guardian alla Maremma non può essere però considerato un caso. Il lavoro promozionale fatto nel tempo sulla reputazione della destinazione turistica (diventato un “caso” portato adesempio), l’aver focalizzato sull’ambiente e sui prodotti enogastronomici la comunicazione pubblica (vedi il Maremma Food Shire) e l’aver tentato di far passare anche tra gli operatori locali un modo non abitudinario e innovativo di far parlare di sé e dei nostri luoghi, rappresentano impegni che nel tempo stanno portando risultati, nonostante la chiusura dell’ApT e la diminuzione dei fondi pubblici disponibili (i link fanno riferimento agli argomenti già trattati in questo blog, nda).
Segno questo che al primo posto vanno messe sempre le idee.




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