Sembra il solito mantra
retorico, eppure lo dicono tutti, in particolare i consumatori globali, che
il Made in Italy e l’accoglienza del nostro paese sono
valori unici e irreplicabili, i quali, se ben sfruttati, sarebbero il miglior
volano di sviluppo possibile.
Tuttavia è quanto si deduce mettendo
a confronto due ricerche, pure se dalle diverse caratteristiche e dalla
differente valutazione finale del nostro status
attuale.
Partiamo da quella che offre il
risultato peggiore, il Country BrandIndex 2014/2015. La ricerca svolta da FutureBrand
deriva dalla elaborazione, qualitativa e quantitativa, di risposte a
questionari di 2.530 opinionisti e viaggiatori d’affari o per piacere, e
determina la classifica della reputazione di 75 paesi. Quest’anno “vince” il
Giappone, mentre l’Italia perde tre posizioni rispetto all’anno passato e si
colloca al 18° posto.
Ormai la perdita di posizione nelle
varie classifiche che spesso gli organi di informazione ci leggono non è più
una notizia. Purtroppo.
Andando un po’ più nel dettaglio
della ricerca, ci salviamo, anzi siamo primi, nelle sotto-classifiche relative
al Turismo e al Patrimonio artistico e culturale. Nelle altre (Sistema di valori,
Qualità della Vita e Potenzialità per il Business) non ci affacciamo nelle
prime, considerate le nostre svariate problematiche come sistema-paese; lo
stesso accade riguardo al parametro del “Made In”, in pratica la percezione
di brand relativa all’origine delle merci prodotte in quel determinato paese,
in base alla loro autenticità, unicità, qualità e forza nel creare un desiderio
di acquisto nel consumatore.
Risultato quest’ultimo preoccupante,
che scalfisce anche le nostre
sicurezze nel Made in Italy.
Al contrario, invece, di quanto
avviene nel “Rapporto sulla percezionedell’Italia turistica” a cura di Antonio Preiti (Sociometrica/Expert
System, luglio 2014).
Questa ricerca si basa sull’analisi
semantica di 570.000 post in lingua inglese pubblicati sui social media tra
marzo e luglio di quest’anno da parte di turisti.
In pratica il “passaparola online”, senza limiti, spontaneo e libero di ospiti (di
lingua inglese) che hanno avuto un’esperienza di viaggio nel nostro paese, che
la attuale tecnologia permette di dare un ordine e una sistematicità così da
poter dar sintesi a cosa dicono di
noi. E fondamentalmente ne dicono bene.
Dal rapporto si desume infatti che l’Italia
turistica vince sull’Italia in generale: alla prima vengono attribuiti 77 punti
su una scala di 100, mentre alla seconda 64.
Interessante vedere cosa
piace in particolare: il mondo del cibo
e del vino è al primo posto, segue l’Italia urbana delle piazze e l’Italia naturalistica delle spiagge. Nei posti immediatamente sottostanti di questa speciale
classifica ecco lo shopping, grazie
al “made in italy” della moda e dell’artigianato, e quindi i bar come ulteriore e particolare
indicazione della grande famiglia della cucina.
Ma più interessante andare a capire
in cosa pecchiamo. Laddove il
rapporto tratta della percezione della qualità
dei servizi, l’indice di valutazione si abbassa, pur non sprofondando, ma
emergono con più forza alcune criticità.
In particolare la ricettività ottiene la miglior
considerazione da parte dei turisti, pur difettando nei prezzi eccessivamente
alti rispetto a quanto promesso ed offrendo meno dell’indicato dalla categoria
d’appartenenza. A pari posizione i musei,
ovviamente per il “prodotto” unico che offrono, ma con problemi legati ai servizi che non ne permettono una soddisfacente
fruizione. Treni, aeroporti e taxi possono formare un
tutt’uno legato ai trasporti dove i nostri turisti riscontrano i principali
problemi.
Emerge quindi un paese bellissimo da
visitare, perché l’esperienza soddisfa quello che è il sogno che si fa prima di partire, col rischio tuttavia di vederlo
infranto a causa di servizi non adeguati, spesso non da paese europeo. Un rischio forte, perché, come giustamente
si afferma a premessa del ranking specifico delle destinazioni turistiche, il
turista valuta in base all’esperienza che
riservano, o almeno hanno riservato in specifico a coloro che sono stati in
vacanza e vi hanno dedicato un post. Non è un giudizio oggettivo, semmai ce ne
potesse essere uno sull’estetica, ma è la sommatoria di giudizi soggettivi, che
ha una forza oggettiva clamorosa.
D’altro canto i turisti, gli ospiti di una località, sono dei soggetti, hanno un’esperienza
e su questa base si fanno un’idea e poi la esprimono. Questo dato è preziosissimo,
perché ogni valutazione, che vorrebbe essere oggettiva, si scontra con la scelta
dei criteri da adottare e sulla titolarità di chi li esprime. Ma il turismo non
è valutazione paesaggistica, non è storia dell’arte, non è un esame
dell’organizzazione logistica di un luogo, ma esperienza soggettiva e come tale
valutata. Si tratta di rimettere il turismo, l’esperienza turistica, sui suoi
piedi, che sono esattamente quelli dei turisti. È un dato prezioso, perché si
ascolta la voce dei protagonisti, di quelli che acquistano i servizi e che poi
effettivamente li utilizzano.
Per la cronaca lo scettro di questa
speciale classifica va a Taormina.
Nel tirar le somme i due report
sopra descritti, con tutti i limiti che si vogliono e pur con la differente
valutazione del “Made in Italy”, offrono la stessa lettura del sistema-paese: risorse che rappresentano un unicum
nel mondo, che non possono essere copiate o surrogate, ma che non riescono a
diventare fattori produttivi (quando
non riusciamo a depauperarli irrimediabilmente) per l’industria dell’ospitalità
e per la nostra economia.
Commentate
pure, meglio però se non siete d’accordo