(da www.ilpost.it) |
Quel venerdì
13 gennaio dalle parti del sud della Maremma Toscana, ce lo ricorderemmo a
vita, per quella che è stata una delle tragedie
del mare che nessuno mai si sarebbe immaginato
di vedere e molti di vivere.
Ma è stata anche, e in parte lo è mentre sto
scrivendo, un grande evento di
comunicazione mediatica, con tutte
le contraddizioni in cui gli organi
di informazione cadono inesorabilmente: qualunquismo, gossip, ricerca dello
scoop a tutti i costi, il mostro in prima pagina, sensazionalismo, perdendo quindi l’obiettivo più concreto che
dovrebbe essere quello di dare notizie.
Non si sono, però, sottratti ai difetti dei mass
media tradizionali, i social network
e i sociale media, a cui comunque si deve una maggior “vicinanza” all’evento, tanto che soprattutto nelle prime ore è
stata la principale fonte d’informazione.
Le prime immagini
sono, infatti, partite da Facebook grazie a utenti dell’isola e la notte è
stata così raccontata quasi
esclusivamente dai social network in attesa delle dirette dei canali tv all-news,
prima stranieri (!) e poi italiani.
da facebook |
Personalmente, ho seguito su Twitter, contribuendo
in alcuni casi alla discussione grazie alla mia contiguità fisica all’isola, l’evolversi
dell’onda comunicativa del naufragio
della Concordia. Proprio su Twitter
si sono “incontrati” nella discussione
utenti comuni, professionisti della stampa, testate giornalistiche, sia cartacea
che televisiva, creando un mix di dibattito, di opinioni, di notizie, tale che quel
crogiolo di tweet era nello stesso
tempo fonte (spesso non verificata) e destinatario di informazione. Un esempio
tra tanti è stato quel video che riprendeva l’interno di una nave da crociera
neozelandese mentre stava sbandando: moltissimi (io stesso) lo hanno condiviso e girato credendo fosse della
Costa Concordia, e così anche i tg
nazionali hanno divulgato una bella bufala.
google insight su "giglio" |
La confusione
delle notizie, unita alla voglia di essere l’”autore” della notizia sensazionale che pervade tutte
le tipologie di social-utente, ha
rischiato, e sta rischiando ancora, di dipingere
un ambiente che sta compromettendo le sue caratteristiche di eccellenza
naturale. Lo sanno sempre più persone (come si può vedere dalle ricerche della
parola “giglio” su Google) che tutta l’area
dell’arcipelago toscano e dell’Argentario rappresenta un territorio dal paesaggio unico e che fa di questa
risorsa insostituibile le fondamenta
della sua economia turistica.
A 36
ore dalla tragedia, affianco alla drammatica contabilità dei dispersi e alle
responsabilità del comandante, uno dei temi oggetto della discussione in rete era l’ambiente e l’alto rischio inquinamento. Dal
rischio all’effettiva contaminazione ambientale, il passo può essere brevissimo, una sensazione o un’opinione o un sentimento può facilmente
diventare notizia, col risultato di fornire al mondo un’immagine di degrado ambientale delle nostre zone.
Ma la Rete ha espresso anche una grande emozione: dalla solidarietà ai
naufraghi al grande cuore delle popolazioni del Giglio e di Porto Santo
Stefano, dal coraggio dei soccorritori alle difficoltà della sicurezza a bordo
della nave. Queste forti sensazioni,
alimentate da immagini e video in continua “produzione”, hanno anche creato un
sentimento di forte “vicinanza” al territorio e alle sue comunità. Tanto
che ho trovato diversi esempi di di persone che hanno espresso il desiderio di
voler passare le prossime vacanze
nelle nostre zone. A prescindere dal flusso turistico del “dolore” e dei curiosi
del breve termine (nel week end del 21-22 i traghetti per il Giglio hanno trasportato
quasi tremila passeggeri in due giorni!), la carica emotiva dell’evento è stata così forte che nessuna azione di
marketing territoriale avrebbe prodotto lo stesso risultato.
da facebook |
Senza voler sembrare cinico, ma semplicemente realista, considerando in modo
obiettivo il pur drammatico evento, queste
conseguenze mediatiche hanno in sé, come detto sopra, rischi e opportunità. Rischi
da contenere e controllare, opportunità
da cogliere e sfruttare nel mercato
turistico, con particolare riferimento al mondo del web 2.0 e dei social
media. Mai come in questo momento, per l’arcipelago toscano, l’Argentario e
tutta la costa Maremmana, il mercato
è una conversazione in continua
evoluzione da gestire e monitorare,
naturalmente con tutto il rispetto
del caso.
A questo punto del ragionamento, è d’obbligo il condizionale: sarebbe questo un compito
da affrontare nell’ambito di una politica
di marketing territoriale. Anzi, sarebbe stato opportuno un intervento di “emergenza” comunicativa per gestire e verificare
notizie e flussi di informazione (anche emotiva) nei giorni, anzi nelle ore, immediatamente
successivi al 13 gennaio.
Proprio in un momento come questo, purtroppo, (ci) è
mancato e (ci) mancherà chi dovrebbe sovrintendere a questo delicato compito. Lo sapevamo prima e lo
sappiamo adesso che la stretta sulla
finanza pubblica ha ridotto le risorse sulla politica turistica regionale, ma a maggior ragione oggi tocchiamo
con mano la mancanza di prospettiva
e di visione al futuro su questa malaugurata
scelta di tagli alla voce Turismo.
Commentate pure, meglio però se non siete d’accordo