giovedì 29 dicembre 2011
Auspici per il 2012
domenica 11 dicembre 2011
Twitter in salsa mediterranea
sabato 3 dicembre 2011
Finalmente BTO
lunedì 28 novembre 2011
…alla BTO 2011
sabato 26 novembre 2011
Dal Whr…..
martedì 15 novembre 2011
Un po' di numeri su eCommerce e Mobile
Intanto il trend di continuo aumento a due cifre percentuali, salvo il 2009, del valore delle vendite online, superiore ai ritmi di crescita misurati in altri paesi (Gran Bretagna + 10%, Usa + 11%, Francia +10%, Germania + 10%), anche perché l’Italia parte da un mercato più limitato.
Che ci sia ancora tanto da recuperare rispetto agli altri paesi lo dimostra il 2,2% del tasso di penetrazione dell’e-Commerce (rapporto tra vendite online e totale vendite al dettaglio) ancora lontano dall’11% della Gran Bretagna, ad esempio.
Il +20% registrato nel 2011 deriva per un terzo da nuovi fenomeni che si sono affacciati nel mercato: da una parte il boom del couponing, dall’altra nuovi operatori come Amazon e i club online (BuyVip, Privalia, Saldiprivati, ecc.). Questi nuovi elementi hanno evidentemente avuto un ruolo nell’aumento sia dei Web shopper (+7%) che di nuovi operatori sul lato dell’offerta.
Tra l’altro l’aumento di nuovi player nel mercato, oltre ad accrescere prodotti e servizi acquistabili in rete, ha contribuito ad una lieve redistribuzione della torta: la quota dei primi 20 operatori è del 70% contro il 72% nel 2010 (75% nel 2007). Di questi 20, 5 appartengono al comparto del trasporto (Alitalia, Trenitalia, Meridiana, Volagratis e Windjet), 4 dei viaggi (eDreams, Expedia, lastminute.com, Venere), 4 assicurazioni (Directline, Genertel, Genialloyd, Linear), 1 è un operatore telefonico (Vodafone), 1 ticketing (TicketOne), 1 Couponing (Groupon), 4 sono merchant che vendono prodotti (eBay.it, yoox.com, Esselunga, Amazon, l’ultima arrivata).
Insomma, oligopoli o monopoli di fatto, in base al comparto.
Comparti che, classificati in base al settore merceologico, non subiscono grandi variazioni, confermando il Turismo come la fetta più importante di mercato (49%). Il Turismo è anche il settore dove il tasso di penetrazione è più alto (13%).
Si conferma anche la divisione del mercato tra prodotti e servizi (V. tab. sotto) nel tempo.
Se l’eCommerce in Italia ha ancora ampi margini di incremento, legati comunque alla contestuale necessità di migliorare in termini di digital divide, ancor di più ce ne sono nel particolare settore del mobile commerce (+210% rispetto al 2010) che vale solo 1% del totale. Comunque all’estero, a parte il Giappone in cui le vendite rappresentano il 20% del totale eCommerce, negli altri paesi non si superano le due cifre (ad esempio, 5% in UK).
Particolare il fatto di come il rapporto tra prodotti e servizi sia ribaltato in questa, ancora, nicchia di mercato rispetto al totale del volume transato online.
Da un’altra fonte, invece, possiamo trovare il rapporto che gli italiano hanno con il nuovo orizzonte del mobile e degli smartphone.
Ourmobileplanet.com infatti snocciola tutta una serie di informazioni statistiche sul loro uso ed in particolare ne ho tratte due tabelle.
Dalla prima si evincono quali sono gli utilizzi principali che gli italiani fanno con i propri smartphone e, a parte le usuali e generiche attività online (ricerche generali, navigazione, email, social network), anche la ricerca dei prodotti supera il 50%. L’uso “turistico” è ancora (ahimé) bassino: ricerca viaggi 36%, ricerca ristoranti 34%.
Nel secondo grafico si è voluto rappresentare il comportamento rispetto al processo di acquisto del prodotto “viaggi per vacanza”: già un 50% fanno una ricerca dei viaggi sul dispositivo mobile ma solo un 8% completa il processo arrivando anche all’acquisto sempre sullo smartphone. Evidentemente è anche vero che non moltissimi operatori hanno siti web disegnati per la navigazione mobile con tanto di procedura per l’acquisto.
Commentate pure, meglio però se non siete d’accordo
domenica 13 novembre 2011
C'è social e social
Sono usciti un po’ di numeri sullo stato dell’eCommerce in Italia. Il 10 novembre scorso è stata presentata una ricerca assolutamente interessante dell’Osservatorio eCommerce B2c Netcomm - School of Management del Politecnico di Milano.
In questo momento di crisi e di negatività, uno dei pochi settori che prevede un segno “+” a due cifre è proprio quello delle vendite online: +20% rispetto al 2010 raggiungendo 8.141 milioni di Euro (6.779 milioni nel 2010). E’ anche vero che siamo indietro rispetto ad altri paesi - il mercato italiano è un sesto di quello inglese (oltre 51 miliardi di euro), un quarto di quello tedesco (34 miliardi) e meno della metà di quello francese (20 miliardi) -, ma forse è proprio per questo che il ritmo di crescita è notevolmente superiore rispetto agli altri paesi e che quindi c’è ancora una prateria da battere.
Gli spunti che la ricerca (il cui report è scaricabile qui) offre, sono davvero tanti; uno in particolare sta nel fatto che trainante di quel 20% di incremento è il “boom dei siti di Couponing (vedi Groupon, Groupalia, LetsBonus, ecc.), che da soli hanno contribuito per quasi un quarto della crescita delle vendite online nel nostro Paese” (pag. 11 Osservatorio). Probabilmente hanno anche fatto diminuire il valore medio degli ordini (-4%, sia per i prodotti che per i servizi, rispetto al 2010, v. pag. 41, cit.).
La vendita di coupon online, e quindi di offerte vantaggiose (sconti superiori al 50%) su prodotti e servizi, è un fenomeno che si è imposto pesantemente nel mercato sulla rete, probabilmente anche per la crisi economica in atto, e che ha toccato anche i servizi turistici.
Come funziona? Il sito organizza dei “gruppi di acquisto”, attraverso la registrazione degli utenti e l’invio loro di newsletter relative alle offerte in atto, e vende servizi o prodotti a prezzi scontatissimi, per un periodo limitato di tempo, se un numero minimo di persone partecipa.
C’è chi definisce questa forma di e-Commerce social, come fosse una conseguenza del web 2.0 perché caratterizzata dalla forte interattività e partecipazione dei clienti.
Sociale in italiano significa: “che riguarda la società umana, che ha attinenza con la vita dell’uomo in quanto partecipe di una comunità nella quale ha, o dovrebbe avere, sostanziale diritto di parità rispetto agli altri membri” (dalla Treccani).
Questa definizione, tra l’altro, riprende quel senso di democrazia che, almeno in apparenza, si respira nei social network e dove si fa naturalmente anche business. Business lo fanno i partecipanti, ma soprattutto le società che gestiscono i siti attraverso advertising, app, linking e quant’altro, venduto alle aziende.
Nei siti di couponing, in realtà, si respira tutt’altra aria, e non solo perché non si tratta di social network (la registrazione a una newsletter non so quanto dia senso di appartenenza e di interazione!).
Le azioni commerciali di queste nuove realtà sono caratterizzate da spregiudicate e spinte campagne promozionali grazie a sconti che arrivano al 70-80% del prezzo di vendita della merce, oggetto delle campagne. Spesso e volentieri il messaggio che arriva mette in evidenza spesso più lo sconto - e quindi il deal – che non il servizio e le condizioni che sottostanno alla fruizione dello stesso. Aggiungiamo poi come possa verificarsi, soprattutto nel campo dei servizi alberghieri, una certa disparità di trattamento rispetto ai clienti che pagano il prezzo pieno – non giustificato e né giustificabile, ma un dato di fatto.
Ma anche sulla sponda delle imprese che utilizzano la rete del couponing non è tutto rose e fiori. Di solito gli operatori che lanciano i propri prodotti o servizi attraverso questi siti, lo fanno per motivi promozionali, considerando che il 50% del prezzo di vendita va alla società di gestione del coupon (se il prezzo al pubblico di una camera di hotel è pari a 100€ e viene offerta col 60% di sconto, all’albergo vanno 20€ nette). Un interessante articolo uscito su Altroconsumo di novembre (pag. 50) ha raccontato di un impresa di pulizie che si è ritrovata sommersa di vendite (600) quando aveva preventivato di poterne accontentare 100/150. Evidentemente il contratto della società di eCommerce (in questo caso era Groupon) era abbastanza fumoso da non rendere chiaro che sarebbe stato venduto un numero illimitato di coupon! L’azienda, non accontentando la stragrande maggioranza degli acquirenti ha finito per farsi una pubblicità assolutamente negativa.
Di social, insomma, c’è veramente poco per non dire niente.
Commentate pure, meglio però se non siete d’accordo
lunedì 17 ottobre 2011
Social Network, il libro
E’ un libro da leggere per chi vuol approfondire l’uso dei social media nel proprio lavoro, nella propria impresa o, in generale, nella propria attività. Non sarebbe male una lettura anche da chi entra in Facebook o Twitter pure solo per scazzare, tanto per ponderare meglio la propria attività sociale online.
L’e-book (lo trovate solo in formato digitale, editore apogeo, marzo 2011 – e si trova anche il blog relativo) fa una panoramica completa del mondo del social network partendo dalla sua storia ed entra subito nel merito, grazie anche ad uno stile sintetico e che va diretto al punto, insomma schietto, infarcito di tanti esempi concreti, case history e rimandi in rete.
Offre al lettore gli strumenti concreti dei principali social media, con la consapevolezza che questo è il capitolo con più breve scadenza, e soprattutto le varie strategie (a ognuno la propria) per comunicare opportunamente e correttamente i propri prodotti o servizi o più semplicemente la propria immagine.
Entra quindi nel merito di come un’azienda o un ente può affacciarsi e gestire la propria attività sui social network e accenna al sentiment per ascoltare cosa i social e la rete dicono di noi.
Il libro ha diverse conclusioni. Riepiloga i 5 principi su cui si dovrebbe fondare l’attività di comunicazione su Internet (flessibilità, socialità, contestualità, misurabilità e coinvolgimento di tutta l’azienda); un appendice con tre interviste sull’uso dei social network, o meglio su tre punti di vista (un consulente, un uomo d’azienda e un consumatore – tra l’altro leggendo quest’ultima mi ci son ritrovato molto e non credevo di essere anche io così online!).In modo semplice e pulito queste pagine accompagnano il lettore attraverso le dinamiche dei social network e della comunicazione in rete, offrendo alcuni spunti e idee interessanti da attuare e con un messaggio finale: “Usate i social network e sfruttatene la potenza. Comprendetene le dinamiche, perché saranno quelle dell’interazione sociale e commerciale di questo millennio. Ma ricordatevi che Internet non finisce con Facebook o Twitter, ma è una realtà molto più grande e importante e le vostre strategie di relazione dovrebbero partire da là”.
Aggiungo un pensiero personale: ricordiamoci che la rete è uno strumento e siamo noi che dobbiamo gestirlo, così come gestiamo noi stessi o la nostra azienda (o il nostro ente), con certi obiettivi e certi standard di qualità, ma prima di tutto offline.
Per il momento “faccio i bagagli” e comincio Viaggi In Rete.
Commentate pure, meglio però se non siete d’accordo
giovedì 6 ottobre 2011
Vento, polline e…..allergie.
“Perché tutto il vento gravido di polline sollevato in questo tempo diventerà germoglio e radice solo se troverà un humus fertile, pronto, disponibile alla semina”. Una di quelle frasi che non t’aspetti, dal Presidente della CCIAA di Grosseto, Giovanni Lamioni, nel catalogo del Salone “Maremma Food Shire” che si è svolto alla Fiera del Madonnino durante l’ultimo week end di settembre.
E’ una bella immagine evocativa di ciò che la Maremma, come destinazione turistica, sta subendo o comunque tentando di subire, nell’accezione positiva del verbo, naturalmente J.
La provincia di Grosseto è sempre stata considerata un’”opera incompiuta”, nel senso che le grandi potenzialità naturali e paesaggistiche, invidiate in tutto il mondo (così dicono) non sono mai sfociate in quella vitalità socio-economica che t’aspetti. Forse perché la Maremma ha sempre avuto un carattere un po’ scontroso, come il Morellino, e quindi chiuso ai cambiamenti.
Però, l’humus fertile, seguendo l’espressione del Lamioni, c’è e c’è sempre stato. E il vento? Da alcuni punti cardinali sta soffiando e lo stesso salone del Maremma Food Shire è lì a dimostrarlo (ne parlo anche qui).
Sia quest’ultimo appuntamento concentrato sui prodotti alimentari, che quello dedicato al Wine hanno avuto la doppia funzione di promozione del settore agroalimentare e di conseguenza della vocazione turistica enogastronomica del territorio, ma anche e soprattutto di dare la consapevolezza di un sistema maremmano e della sua unicità. Trovarsi ai due appuntamenti in circa 140 per il vino e più di 80 per il settore food fa toccare con mano, agli stessi operatori, di esser parte di un sistema vivo che può dire la sua nel mercato mondiale.
Forse questa può definirsi “psicologia di un territorio”, però evidentemente se la domanda turistica si muove alla ricerca di emozioni, in questo caso c’è bisogno che l’offerta prenda coraggio e dimostri di saper emozionare. Siamo un po’ timidi, in effetti J. O cerchiamo che altri lo facciano per noi?
Negli ultimi giorni è stata distribuita (o comunque mi è arrivata) la sintesi dei focus group del Workshop tenutosi all’Andana ad Aprile scorso. Questo è stato un appuntamento svoltosi nell’ambito del Progetto Maremma 2015 (PM ’15) dell’amministrazione provinciale.
Questi focus group hanno avuto il carattere di discussioni su 4 temi (crescita, innovazione ed economia della conoscenza; il territorio: patrimonio e risorsa; vivere in maremma: economia e società; l’attrattività del territorio) con l’obiettivo di confrontare idee e prospettive in modo assolutamente libero.
Scorrendo il documento, a prescindere dalle peculiarità dei temi, una delle necessità che emerge comunemente è quella di “fare sistema”, addirittura proponendo di trovare “soggetti attuatori che hanno una competenza di tipo gestionale specifico e che di mestiere “mettono assieme” gli interlocutori”.
Sono anni che uno dei problemi della Maremma è “fare sistema”: ma non sarà forse che manca la consapevolezza di far parte di un sistema e si cerca di far risolvere i nostri problemi agli altri?
Non vorrei che si facesse come la rana che, non accorgendosi che la temperatura dell’acqua cresceva (o nel nostro caso, aspettando che qualcuno la tirasse fuori dall’acqua), è finita per essere bollita.
E’ anche vero, però, che un certo fermento imprenditoriale è stato descritto dal workshop e non solo.
Infatti, qualche giorno fa, il 30 settembre un convegno di Confindustria ha presentato un piano di investimenti nel settore dell’accoglienza e dei servizi turistici, riguardante diversi imprenditori di alcuni comuni della provincia per un importo di 300 milioni di euro circa. E forse un po’ più di un “fermento”.
In effetti, è un progetto che sarà presentato al Ministero dello Sviluppo per poter applicare la normativa vigente in tema di semplificazione amministrativa, che rappresenta il vero “freno a mano tirato” con cui (non) lavora l’Italia intera.
L’iniziativa per il nostro territorio è di primaria importanza, proprio per la necessità che ha la Maremma di veder sviluppare le proprie potenzialità, a maggior ragione in un periodo come l’attuale caratterizzato dalla grande paura del default. O forse sarebbe meglio dire del reset.
Tra l’altro, nello stesso convegno sono stati presentati alcuni dati sulle presenze dell’ultimo anno con il segno meno (Vedi le due immagini estrapolate).
Non sono incoraggianti, ma delineano la strada da percorrere che è quella di entrare con più forza e determinazione nel mercato estero.
Torno ancora sull’immagine iniziale del post, perché sia il PM15 che il piano di Confindustria fanno parte di quel vento che trasporta polline sull’humus maremmano.
Negli ultimi mesi ha soffiato altro vento, fatto di innovazione e coraggio, ma che sta soffrendo, in termini finanziari, dell’uragano dei tagli sulle risorse pubbliche: l’Agenzia per il Turismo 2.0. Il nuovo direttore, dott. Tapinassi, ha completamente ribaltato le modalità di comunicazione dell’Agenzia, aprendola all’ascolto e al confronto, sia verso gli operatori che verso gli ospiti, in sintonia con lo spirito del web 2.0. Quello che è diventato “il caso Maremma”, presentato in talmente tanti consessi (ma non a “Porta a Porta”) da poterlo paragonare ad una “orizzontale” di un buon vino J, ha avuto il grande merito, in particolare, di smuovere il tessuto imprenditoriale turistico, sempre un po’ fermo rispetto a quanto gli accade intorno, offrendogli alcuni nuovi spunti e strumenti di marketing (e qualche rana è uscita anche dall’acqua). Anche qui va ricordata una giornata di progettazione partecipata svoltasi nel marzo del 2010, “gli Stati Generali del Turismo in Maremma” che ha avuto più di 500 operatori iscritti.
Questi eventi, che ho voluto racchiudere nella rappresentazione delle prime righe, ed insieme sicuramente ad altri (ci sta bene anche il Farm Trip del Consorzio Maremmare) che non ho citato, offrono una nuova visione della Maremma in termini di sviluppo verso una destinazione turistica rinnovata e magari più viva e più consapevole del proprio brand, di quanto non è stato finora.
E’ solo l’inizio, c’è ancora un po’ di indolenza da scrollarsi di dosso e il polline si è sollevato da poco; speriamo solo di non trovare troppa gente allergica.
Commentate pure, meglio però se non siete d’accordo
venerdì 23 settembre 2011
Andiamo in vacanza
Il mondo del turismo nei tempi attuali del web 2.0 deve fare i conti col passaparola amplificato. Tempo fa, ma non troppo, le scelte sui viaggi si basavano, per una gran parte, sui consigli degli amici e dei parenti; oggi questi consigli sono online, sia sui social network che sui portali turistici, e quindi il passaparola supera la frontiera dell’amicizia e arriva fino all’anonimato di un nickname.
Giusto o sbagliato che sia, questo è un dato di fatto e l’albergatore, il campeggiatore, il ristoratore (etc., etc.) devono comunque tener conto di ciò che accade in rete e di quanto viene scritto (e quindi amplificato) su Tripadvisor, Booking.com o 2Spaghi (tanto per fare alcuni esempi). Ne va della propria reputazione e di conseguenza del proprio mercato.
Ma non solo.
Le opinioni che il turista esprime in rete non è detto che riguardino esclusivamente il “posto-letto” dove egli ha dormito, ma spesso spostano l’attenzione anche sui dintorni, e cioé il territorio e i servizi esterni.
Succede, infatti, che nello scrivere un’opinione sull’hotel in cui è stato, il turista lasci dei commenti anche sulla località e su quello che ha fatto e di cui ha usufruito durante il soggiorno, e questo può anche influire direttamente nel giudizio finale dell’albergo stesso. Del resto egli ha avuto un’esperienza globale e la ricorda come un tutt’uno.
E’ bruttissimo essere autoreferenziali, però l’esempio che segue è stata la fonte d’ispirazione ed è utile a far capire dove voglio arrivare:
“hotel ok, argentario no!”
Recensita il 8 settembre 2011
Ottimo hotel, consigliabile da tutti i punti di vista, in particolare per la gentilezza e l'efficienza del personale. Colazione gustosa, pulizia eccellente, spiaggia piccola e bruttina ma ben organizzata e pulita, forse inadatta ai bimbi ma consigliabile a chi, come me, si immerge e può ammirare i ricchissimi fondali. Per onestà devo segnalare anche gli scandalosi prezzi dei parcheggi a Porto S. Stefano e Porto Ercole, l'inadeguata segnaletica stradale e la scarsa qualità dei ristoranti dell'Argentario. Non credo di voler mettere più piede da quelle parti ma vorrei un Hotel Baia d'Argento ovunque andrò in futuro in vacanza! Un sincero ringraziamento alle ragazze del ristorante.
Ha soggiornato in Settembre 2011, viaggiato con la famiglia
In questo caso il giudizio finale (le famose 5 palle del Gufo) non è stato sfavorito dall’opinione negativa sulla località, anzi forse è accaduto l’esatto contrario perché nella psicologia dell’estensore è scattata una sorta di legge del contrappasso.
Nel raccontare all’interno di una review per un albergo la propria esperienza di vacanza, i commenti riguardano tutta la località, equesto è ovvio; dovrebbe però diventare altrettanto normale per tutti gli attori (privati e pubblici, turistici e commerciali) di una destinazione turistica tener conto del moderno “passaparola 2.0”.
Se fino a qualche hanno fa, i giudizi erano per lo più volatili perché soltanto raccontati a voce, oggi questi rimangono scritti e potenzialmente letti da tutti (ma proprio tutti!).
Tripadvisor, come gli altri siti web di recensioni, non è la Bibbia e qualsiasi critica va letta con obiettività e ponderazione (e un pizzico di psicologia), ma è importante per capire cosa in giro si pensa di noi (destinazione) e quale è la nostra reputazione. Se questo concetto è cominciato da tempo a entrare nella mentalità degli operatori dell’accoglienza, ancora fatica a essere considerato dal resto del comparto.
Nel bene o nel male, una località turistica è tale non solo perché vi sono strutture ricettive in grado di ospitare i viaggiatori, ma lo è perché il territorio (inteso anche come comunità) è in grado di fare accoglienza.
Tanto per ripetermi e sintetizzare: ambiente naturale e antropico e servizi di supporto pubblici e privati, in pratica i “fondamentali”, le regole di base, insomma due delle punte del Diamante di Porter.
Gli attori di qualsiasi destinazione turistica curano i “fondamentali” ed in pratica dettano le linee di gestione dell’ambiente naturale, del paesaggio urbano ed extraurbano, amministrano i servizi pubblici, offrono i servizi privati (sia alberghieri, sia extralberghieri, sia complementari).
Nello stesso tempo sono anche fruitori di quanto offerto e comunque fanno parte anch’essi della domanda sia interna (ad esempio tutti usufruiscono della viabilità e dei parcheggi) che esterna (ad esempio tutti domandano viaggi e vacanze fuori dalla propria località).
Faccio volutamente riferimento alla terza punta del “Diamante”, il quale considera elemento indispensabile alla forza competitiva di un distretto turistico la qualità della domanda interna.
Insomma se i nostri attori sanno domandare, sanno anche offrire e se sono esigenti nel chiedere, saranno anche scrupolosi e professionali nel fornire i propri servizi. Il concetto vale per tutti gli operatori, pubblici e privati, turistici o commerciali, e investe un problema culturale e di mentalità della comunità attiva di qualsiasi destinazione turistica. Più la popolazione di un territorio ha una buona propensione all’accoglienza, più alta sarà la qualità della vita, perché forte è l’esigenza di servizi di qualità elevata. Di conseguenza migliorano le capacità professionali del tessuto imprenditoriale, ma anche di quello relativo alla pubblica amministrazione.
Normalmente un operatore turistico quando va in vacanza cerca di capire e in qualche caso recepire le caratteristiche dei servizi di cui fruisce, a volte paragonandoli mentalmente con il proprio lavoro.
La stessa cosa la dovrebbe fare anche chi non è operatore turistico, valutando ciò che vede durante i propri soggiorni di piacere in un’ottica di emulazione in positivo; un po’ come facevano i giapponesi che giravano il mondo e copiavano in patria. Va be’ non proprio il copia-incolla, ma un’osservazione critica, che colga, ad esempio soluzioni di certi problemi urbanistici o di viabilità, piuttosto che strumenti per promuovere meglio servizi offerti in loco o far girare informazioni di carattere generale.
Prendiamo coscienza che c’è sempre da imparare e…..andiamo in vacanza!
Commentate pure, meglio però se non siete d’accordo
giovedì 15 settembre 2011
Problem solving
Per chi non ama gli inglesismi, il “problem solving” è una di quelle locuzioni che più si fa odiare perché nel concreto “risolvere problemi” è una pratica fondamentalmente quotidiana, soprattutto per chi, in generale, si trova a contatto col pubblico e, in particolare, dietro il bancone di un hotel.
La prima volta che mi sono imbattuto in queste due parole, restarono antipatiche anche a me, che non ho pregiudizi nei confronti dell’inglese: avevo, e ho, sempre a che vedere col “problem solving”, ma senza sapere di “chi” si trattasse e senza sapere che avesse un nome così snob. Ma poi col tempo siamo diventati amici. J
Non esiste un metodo o uno schema valido per trovare la soluzione a ogni problema: tutto è in mano alla capacità, alla professionalità e all’esperienza del manager o dell’operatore. Parafrasando il Melandri di Amici miei: Che cos'è il Problem Solving? E' fantasia, intuizione, colpo d'occhio e velocità di esecuzione.
Tuttavia, alcuni punti fissi possono essere individuati.
Nell’ambito dell’hotellerie, il “problem solving” va considerato con un approccio molto pratico e soprattutto con molto lavoro di prevenzione, anche perché la legge di Murphy è sempre in agguato (“Se qualcosa può andar male lo farà”, ma anche “non si resta mai a corto di cose che vanno male” oppure “la legge di Murphy colpisce sempre nel momento peggiore”….e si potrebbe andare avanti all’infinito).
Dal punto di vista dell’operatore, un problema è un ostacolo al lavoro perché ci fa perder tempo nella sua risoluzione lasciando indietro altri compiti, perché non ci fa fare bella figura agli occhi del cliente-ospite, perché accade sempre in contemporanea ad altri problemi o in momenti di stress (V. Legge di Murphy).
Dal lato dell’ospite, un problema (qualsiasi) è un ostacolo alla sua esperienza di vacanza e intacca in modo più o meno riparabile una parentesi di vita in cui non si vuol pensare a nulla di impegnativo.
Prevenire, quindi, è meglio che curare. Prevenire un problema è sempre meglio che affrontarlo, e comunque è bene affrontarlo nel più breve tempo possibile, ovviamente.
E’ necessario tenere sempre aggiornato il “libro bianco delle soluzioni” e dunque avere a disposizione centri assistenza di tutti i tipi, i più svariati pezzi di ricambio, e accorgimenti vari che nascono dall’esperienza di vita in un hotel o in qualsiasi struttura ricettiva: una sorta di grande FAQ (Frequently asked questions), che nel nostro caso si può mutare in SAQ (Sudden asked questions).
E’ normale, ad esempio, avere a portata di mano il numero verde della ditta di manutenzione dell’ascensore in casi di guasti (com’è altrettanto normale che l’ospite che è rimasto dentro pernotta solo una notte da te, ma sicuramente ha la tastiera veloce per una recensione negativa!); è un po’ più raro avere l’autofficina giusta perché l’ospite che l’indomani parte ha fatto rifornimento con la benzina alla sua auto diesel e di solito accade alle 9 di sera.
Dai due esempi si nota anche una caratteristica che differenzia due tipologie di problema: quello diretto, dell’hotel, che può aver conseguenze su uno o più ospiti; quello indiretto, dell’ospite, che comunque lo danneggia. Nel primo caso, l’esistenza stessa del problema fa perdere valore all’immagine dell’albergo e più si prolunga nel tempo più l’immagine peggiora; nel secondo caso, il problema indirettamente fa perdere valore all’immagine dell’hotel perché comunque la vacanza ha un neo nel ricordo dell’ospite (quindi non lasciamolo solo perché “tanto è un problema suo”). Al contrario, nel caso di risoluzione, tale valore può anche aumentare più che proporzionalmente. Un cliente che ringrazia dicendo “mi ha salvato la vacanza” è come recuperare un naufrago.
Quando c’è la possibilità, si può anche tentare di rendere “invisibile” la problematica: un insabbiamento fatto a fin di bene, che ci permette di prender tempo per trovare soluzioni appropriate, evitando che l’ospite si accorga delle nostre difficoltà. Aneddoto/esempio: arrivano due anziane signore in hotel che dicono di avere una prenotazione a nome Verdi. La prenotazione non si trova, ma con domande opportunamente poste, riesco a capire la tipologia di camera e nel mentre le accompagno individuo anche il trattamento di mezza pensione e il periodo di soggiorno. Giunti in camera il letto non è separato, chiedo scusa, torno giù e metto insieme gli indizi, anche perché nel frattempo le signore hanno consegnato i documenti. In realtà la prenotazione era a nome Rossi e fatta a mezzo Tour Operator; a quella va collegata la valigia arrivata in hotel a nome Bianchi, sulla quale avevamo ricevuto un avviso telefonico dalla signora Gialli. Quattro cognomi per una prenotazione: le due anziane signore erano vedove e giustamente avevano usato tutti i loro nomi, da nubile e sposata.
L’aneddoto ci porta al momento clou del “problem solving”: quando il problema impatta sulla nostra tranquillità.
A prescindere dall’attuazione della tecnica di insabbiamento, serve sangue freddo e mente lucida, anche se l’interlocutore può apparire alterato. Tranquillizzare sempre, magari spostando l’attenzione, perché diventa importante ricavare il proprio spazio etempo per cercare la soluzione. Questa può essere anche a portata di mano (magari il tutto nasce da un equivoco o un’incomprensione), però se ci si fa prendere dall’ansia contagiosa, allora si rischia di non venirne a capo.
Si possono anche trovare soluzioni temporanee o tampone, ma forse è proprio questa la fase in cui il cliente va messo al centro, va compreso, va seguito ed anche “monitorato” per cercare di rendere le conseguenze del problema il meno impattanti possibile sull’esito della vacanza.
Non tutto il male viene per nuocere, perché ci sono anche i lati positivi nel problem solving.
Deve essere preso come una sfida: è nei momenti di difficoltà che la professionalità dell’operatore viene meglio apprezzata dal cliente e questo è il lato della medaglia che può venire a nostro vantaggio. (alla faccia della Legge di Murphy!).
E poi c’è anche la soddisfazione personale di aver superato un esame straordinario.
Commentate pure, meglio però se non siete d’accordo
P.S.: Pulp fiction, tutta la scena di Mr Wolf (grandiosa!)