mercoledì 24 luglio 2013

Reputazione e soddisfazione: un rapporto virtuoso.

Ripartiamo dall’ultima frase del precedente post dedicato al libro “Turismo e Reput’azione”: c’è bisogno di azione (e aggiungiamo) per innestare un ciclo virtuoso in un’azienda turistica o nel comparto turistico.

Una breve premessa. Il web ha modificato (e lo continua a fare) il mercato turistico in modo radicale. E’ una evoluzione che è sotto gli occhi di tutti, anche di chi non ha capito o non vuol capire l’utilità degli strumenti legati ad internet ed in particolare al web 2.0. Ma è un’evoluzione che paradossalmente fa “tornare indietro”, o meglio fa tornare ai fondamentali.

Se fino ai primi anni 2000, la comunicazione era unilaterale, nel senso che il prodotto veniva promosso e pubblicizzato dall’azienda in una direzione che vedeva il cliente come oggetto passivo di questa relazione; con l’avvento del web 2.0, il ruolo del consumatore è diventato attivo, perché egli produce contenuti che attivano quel passaparola in rete la cui influenza ha superato tutti gli altri mezzi di comunicazione (tv, giornali, radio, riviste, guide). E’ chiaro che il passaparola esisteva anche prima, ma si limitava ad un pubblico ristretto (gli amici, i parenti, i colleghi di lavoro), mentre adesso una recensione online  può raggiungere potenzialmente qualsiasi “navigatore”. 

Quali le azioni da fare allora?

Il controllo della propria reputazione online, innanzitutto: la gestione, la verifica, il monitoraggio delle “conversazioni” online che riguardano il proprio hotel o il proprio ristorante, perché serve a capire cosa gli altri pensano di noi e del nostro prodotto, ma anche rispondere alle critiche, alle incomprensioni e approfittare dei voti positivi.

Soprattutto serve agire perché chi usufruisce del nostro prodotto ne sia così soddisfatto da condividere la propria esperienza; insomma, bisogna tornare ai fondamentali, all’attenzione e alla cura dell’ospite, a sorprenderlo, a comunicargli obiettivamente ciò che offriamo e a mantenere le promesse: torniamo alla crostata (il marketing della crostata).

Quindi per migliorare, o anche semplicemente mantenere, la nostra reputazione nelle
conversazioni (online e offline) è necessario agire sulla soddisfazione dell’ospite.
In questo rapporto (reputazione operatore – soddisfazione ospite) si possono analizzare due aspetti. Il primo è che anche la soddisfazione ha un suo “agire” nel nome, benché, in questo caso, ha una accezione passiva perché l’ospite è soddisfatto grazie alle azioni positive dell’albergatore o del ristoratore.

Ma c’è anche un secondo aspetto che si può leggere ribaltando il rapporto: reputazione ospite – soddisfazione operatore. La reputazione alimentata e prodotta dal cliente e dalla clientela, grazie alle informazioni condivise in rete, è un’azione che genera soddisfazione nell’operatore, nel suo staff, nei suoi collaboratori, distribuendo quella linfa vitale nel fare il proprio lavoro che va oltre gli aspetti materiali. E’ ovvio che il lavoro deve avere una sua giusta ricompensa nel salario o nello stipendio, ma , soprattutto in ambienti aziendali come quelli turistici, dove il servizio è identificato nelle persone e nei rapporti umani, la “pacca sulla spalla” retribuisce non poco la professionalità degli addetti.

Come detto sopra, una recensione può essere letta da qualsiasi “navigatore” e dunque pure dall’albergatore cui è rivolta, e, se la mattina all’accensione del proprio pc arrivano dei giudizi favorevoli sul proprio operato, le conseguenze positive ricadranno sugli ospiti di quella giornata. E’ umano. J

Si è innestato così un ciclo virtuoso tra la soddisfazione della clientela e quella degli operatori, grazie alla brand reputation creata, in qualche modo, da entrambi gli attori.

Ed anche questo tipo di lettura (almeno in teoria) è un back to basic, un “ritorno” ai fondamentali dell’accoglienza.


Commentate pure, meglio però se non siete d’accordo


domenica 14 luglio 2013

Turismo e Reput’azione: il libro.

Curato da Roberta Milano e Francesco Tapinassi, il libro è una guida per addentrarsi e “navigare” nel mondo della reputazione online, grazie anche ai contributi di altri co-autori.
Definire il libro come una guida non vuol sminuirne il valore, anzi sintetizza il lavoro di ricerca e di studio sul fenomeno web 2.0 e sulle conseguenze per le destinazioni e le imprese turistiche, fino a riportare consigli ed esempi pratici sulla gestione della online reputation.

Che si tratti di un hotel, di un ristorante o di una località nulla cambia rispetto all’esigenza di creare un giusto rapporto qualità/prezzo nell’offerta turistica: sono cambiati e sono ampliati gli strumenti con cui si forma e si comunica l’immagine dell’offerta turistica stessa. Non dobbiamo farci sorprendere da questi cambiamenti, anzi vanno sfruttati al meglio. Anche quando arriva la recensione negativa.

Il libro fa il punto della situazione ad oggi di come il web abbia cambiato il mercato turistico e di come continuerà a farlo: se per qualcuno è già difficile comprendere le dinamiche del web, figuriamoci se lo si mette di fronte alla geolocalizzazione e al mobile. Ma non bisogna scoraggiarsi, perché non è una rivoluzione controllabile se si pensa ad una minaccia da cui difendersi, diventa però gestibile se se ne affrontano le dinamiche.

Un passaggio del primo capitolo di Roberta Milano sintetizza in modo efficace l’evoluzione in atto: “Nel passaggio dai pc fissi agli smartphone l’attenzione preminente è spostata dall’informazione all’emozione, dall’oggettivo al soggettivo, dalla razionalità all’esperienza. Non importa che il viaggiatore si faccia artefice in prima persona di questa pancia che emerge dai racconti o rimanga semplice spettatore, resta una legittima scelta. Pesa invece il salto di piano narrativo in cui la comunicazione, attiva o passiva che sia prende forma. Il mondo del turismo comincia ad occuparsi e preoccuparsi della “brand reputation informativa”, relativa alle recensioni come tutti le conosciamo, basate su pulizia, ingredienti, carta dei vini, frutta a colazione o metri quadri della stanza. E’ importante: tardi – in Italia – ci siamo purtroppo accorti che le persone commentavano e, sulla base dei commenti, sceglievano […]. Tuttavia il parametro forse più importante rimane l’accoglienza, un concetto antico che già dall’etimologia (raccogliere presso di sé) coinvolge la sfera dell’affettività afferendo, in certo qual modo, a quella che io definisco la “brand reputation emotiva” di cui pochi si interessano”.

Nel capitolo (di Francesco Tapinassi) dedicato al SIRT (Social Information Revolution in Tourism) si delinea il quadro del mondo della reputazione online, offrendo, numeri, analisi e spunti di riflessione su come gli attori del mercato turistico non sono solo gli operatori ma sono diventati soprattutto i viaggiatori.

Si collega come una sorta di appendice pratica il capitolo successivo (di Nicola Zoppi) dedicato a 50 case histories di recensioni d’hotel, esempi pratici di come si può o non si può rispondere a commenti positivi o, soprattutto, negativi.

Di particolare impatto, visto che si parla di “soldi”, il tema degli effetti della reputazione e della gestione del web marketing sulle tariffe e quindi sul fatturato (di SergioFarinelli).

La reputation viene poi analizzata (da Robi Veltroni) rispetto ad un altro fenomeno nato dal web 2.0, e cioè il social commerce, l’incontro tra il mondo dei social network e l’e-commerce: vere e proprie community nate con lo scopo di fare acquisti in comune. La conseguenza diretta è stata la nascita del couponing (vedi Groupon), aziende formatesi con l’obiettivo di trovare (in alcuni casi creare) offerte vantaggiosissime e girarle (a mezzo di newsletter) agli iscritti alle proprie mailing list. Il prezzo, o meglio il fortissimo sconto, è la leva di questo sistema, che ha creato non pochi problemi alla reputazione e, in alcuni casi, alla tenuta economica di alcuni operatori che non ne hanno fatto un uso ponderato.

Nell’ultimo capitolo (di Massimiliano Gini) si prende l’esempio della reputazione di una destinazione turistica, un territorio a caso J, la Maremma e il suo Brand Index, presentato tra l’altro, all’ultima BTO di Firenze.

Ulteriori esempi pratici vengono riportati nella parte finale, relativi a destinazioni turistiche e ad imprese ricettive e ristorative.

L’utilità di questo libro può essere apprezzata non solo da chi già affronta (o almeno ci prova) le problematiche della web-reputation, ma soprattutto da chi non lo fa o pensa che sia inutile farlo, perché comunque – e come si evince dal titolo (1)- c’è bisogno di azione.

(1)Nota: da Paolo IabichinoReputazione è una parola che ha l’agire dentro il nome”


Commentate pure, meglio però se non siete d’accordo

martedì 9 luglio 2013

Dal Grande Orecchio al Grande Occhio: il nuovo Google maps.

A febbraio dell’anno scorso (La Grande G o il Grande Orecchio) riflettevamo sulla capacità di Google di acquisire informazioni degli utenti grazie agli strumenti gratuiti che mette a disposizione di tutti e il cui uso permette di profilarci. Il nuovo Google Maps (ancora in versione Beta, ma si può chiedere l’invito ad usarla) si adatta proprio in questo senso. Nella presentazione si dice infatti che si tratta di “una mappa che migliora con l’uso”, e in effetti utilizza le informazioni che ha sull’utente per dare i più suggerimenti più adatti. Un miglioramento questo di cui non si potrà non tener conto da parte delle aziende, turistiche in particolare.
L'Argentario in prospettiva

Anche, e soprattutto, per le recensioni che gli utenti possono lasciare sulle singole attività e che a loro volta “taggano” l’attività stessa: si nota che le parole chiave che sulla scheda dell’attività quando si clicca su di essa nella mappa, traggono origine dalle recensioni più che dalla descrizione del proprietario.

L’integrazione con Google Earth, il carousel (una striscia di immagini, video e street view relative alla mappa selezionata), la possibilità di esplorare in prospettiva e la ricerca facilitata degli itinerari arricchiscono e semplificano l’uso della mappa.


Se tre sono le cose importanti per un’attività turistico ricettiva - location, location, location! -, il mondo di Big G prenderà un posto sempre più rilevante nella gestione della comunicazione, dalle grandi alle (soprattutto) piccole realtà.


Quale sarà il prossimo passo? In diretta satellitare?





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domenica 7 luglio 2013

E-Commerce: che tipo di e-consumer sei?

Nel mese di giugno è uscita un’interessante analisi qualitativa sull’e-commerce da parte di assist, una società di consulenza specializzata nel CRM , di Milano. La ricerca rappresenta un primo passo ad anticipare un’indagine quantitativa a più ampio spettro.

E’ uno studio interessante perché sintetizza 5 profili di consumatori digitali, fornendo delle indicazioni utili alle aziende che trovano in tutto o in parte il proprio mercato online, non solo grazie al comportamento dell’e-consumer cui vogliono o possono rivolgersi ma anche nelle criticità che si riscontrano nei vari tipi di processo di acquisto.

Una vera e propria indagine di laboratorio che ha visto sotto osservazione 25 utenti, tutti naturalmente e-commerce users, a cui sono stati proposti degli scenari di acquisto: sono stati quindi visitati 60 tra siti web e app, realizzando 125 scenari.

Ne son scaturiti 5 profili tipo:


La spensierata, a caccia di offerte: acquista direttamente o con il couponing, con una frequenza settimanale anche se con un budget ridotto e la prepagata, e per essere sempre pronta e connessa usa lo smartphone o il tablet.

Il disinibito: compra tutto su internet, fidandosi del mezzo e a prescindere dal device, l’importante è la semplicità di transazione. Il budget è naturalmente alto, fino a 2.000 €.

Il meticoloso: cerca sempre il miglior rapporto qualità/prezzo per cui confronta molto online le varie proposte. Non acquista spesso e lo fa col portatile. Budget fino a 800 €.

La riflessiva: considera comodo l’acquisto online, ma con calma senza farsi prendere dalla frenesia. Se acquista dell’abbigliamento, prima lo prova in negozio.

Il tradizionalista: usa internet più per trovare informazioni che per acquistare. Se proprio lo deve fare, e lo fa con poca frequenza, avviene per prodotti immateriali. Budget naturalmente limitato.

Ognuno di noi può ritrovarsi, totalmente o parzialmente, in uno di queste tipologie di e-consumer, così come anche nelle esperienze affrontate con le transazioni online.

Secondo la ricerca gli utenti preferiscono utilizzare il pc o il tablet: usare lo smartphone è più laborioso, non tutti i siti sono adattati al device, c’è la sensazione di minor sicurezza in fase di pagamento e spesso c’è difficoltà nella registrazione. Tra l’altro, a proposito di registrazione, si preferisce evitarla.

Se si usa lo smartphone la scelta prevalente è quella della navigazione sul browser che non attraverso le app, a meno che non siano brand conosciuti.

Il concetto che si ricerca in tutte le fasi è comunque quello della chiarezza e della semplicità delle procedure: dalla grafica alla ricerca dei prodotti, dall’adattabilità del sito al device utilizzato alla registrazione (se proprio ci deve essere) light, dalla gestione degli errori al pagamento. Questo è quello che chiedono gli utenti alle aziende.


Per un approfondimento:



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mercoledì 3 luglio 2013

Tripadvisor 1 Booking 0

Arrivano per posta in questi giorni, dopo un anticipo per mail qualche tempo fa, i certificati di eccellenza di Tripadvisor alle strutture ricettive. Nello stesso tempo anche Booking.com fa recapitare agli hotel una vetrofania con il voto medio ricevuto l’anno precedente.


Dopo un primo momento di soddisfazione narcisistica che ogni operatore ha nel momento in cui riceve questi attestati di “bravura”, ci si rende facilmente conto che sono soprattutto dei mezzi di marketing per i due “colossi” del turismo mondiale. Con la differenza che il Gufo lo fa meglio, se non altro per l’insistenza e qualche piccola innocente…mezza verità.

Tripadvisor infatti già molto tempo prima di inviare il cartaceo aveva inviato una prima mail ed ogni volta che l’operatore entrava nel backoffice del sito arrivava puntuale il pop-up di avviso della conquista del certificato. La lettera di trasmissione, poi, è eloquente: comincia con i complimenti per la “vittoria”, quasi fosse una gara, ed invita a promuovere questa strepitosa conquista mettendo in bella mostra l’attestato, scaricare il distintivo digitale e metterlo nel sito (tanto perché tutti i navigatori possano passare dal sito dell’hotel a quello del Gufo), scaricare il “modello” del comunicato stampa e inviarlo agli organi di informazione e condividere il tutto a mezzo Facebook e Twitter.

Tutto ciò perché “il certificato di Eccellenza viene attribuito al 10% di tutte le strutture al mondo”. Detto così sembra che venga attributi ai migliori, ma non dovrebbe esser così visto che i migliori sono… davvero tanti: basti pensare che il 90% delle recensioni sono positive, il punteggio medio di tutte le recensioni di Trip è superiore al 4 su 5 e il massimo punteggio è attribuito al 47% dei commenti (secondo Nomao e pagg. 60 e 61 di “Turismo e Reput’azione”, di R. Milano e F. Tapinassi, Maggioli editore). Allora, hanno fatto a estrazione? Ed è possibile che ogni volta che mi ritrovo in una riunione tra albergatori il certificato ce l’hanno in 9 su 10?

Nella lettera si fa riferimento ad un altro dato: “il 75% degli intervistati sostiene di essere più propenso a prenotare una struttura approvata da Tripadvisor”. Un’affermazione questa che è anche troppo pessimistica, immaginando che siano stati intervistati gli utenti del Gufo J, ma è anche populista nell’uso del termine “approvata”.

Un altro paio di finezze vanno maliziosamente lette nella diversità grafica dei due attestati (n.b.: facciamo riferimento alla stessa struttura ricettiva):
in quello di Tripadvisor si fa riferimento all’anno in corso il 2013 (anche se – dicono – si son basati sulle recensioni dell’anno precedente), in quello di Booking al 2012, dando la sensazione dello “scaduto”; inoltre nel primo si forniscono due messaggi ulteriori: la sensazione di aver vinto qualcosa e l’invito, anche se scritto in piccolo, a visitare il sito e fare recensioni.

La vetrofania di Booking viene invece (almeno nel caso preso in esame) portata personalmente dall’account manager. Giustamente di persona, col sorriso, è un’altra cosa, soprattutto se si invita ad una maggior collaborazione e a tenere “aperte” più camere possibili. Il problema è che questi poveri ragazzi si devono fare tutte le strutture di loro competenza di corsa e col rischio di non trovare la/le persona/e di riferimento disponibili. Ma comunque l’attestato che ti portano è già un oggetto dove il portale di prenotazioni ha speso un po’ di più rispetto ad un cartoncino.

Tirando le somme, sul terreno della promozione del proprio brand, attraverso questi certificati, il Gufo conferma la potenza di fuoco del proprio marketing.

A dimostrazione, però di come tutto sia relativo e che chi recensione ferisce, di recensione può perire, cito una classifica di siti di recensori (da KwikChex) dove Booking si prende la rivincita piazzandosi al 2° posto e surclassando Tripadvisor (15° posto). Questa è una classifica che si basa su parametri qualitativi delle recensioni e della loro affidabilità (pagg. 48-49, “Turismo e Reput’azione”, op. cit.).



Ma la popolarità  - ancora - si fonda su altri criteri.






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